La dipendenza affettiva ha un alto grado di comorbilità con i disturbi della condotta alimentare, DCA. La persona affetta da DCA ha una forte dipendenza dal cibo. Al pari del bisogno di controllare l’altro, il paziente con il disturbo alimentare ha una relazione amorosa col cibo. Tuttavia essa si manifesta con modalità diverse. Le patologie alimentari si collocano lungo uno spettro che comprende ad una estremità l’anoressia, dall’altro il disturbo da alimentazione incontrollata BED, di cui la bulimia è una forma con condotta da eliminazione, con vomito autoindotto, purghe o attività compensatoria. Ciò che si vuole qui evindenziare è che, ad una analisi approfondita, la relazione dipendente avviene in questo caso con il cibo, come se egli fosse l’amato. La paziente anoressica agisce questo amore negandolo. Unendosi con l’antagonista del cibo, il dimagrimento, celebrando così la sua assenza, facendone un mito. E diventando così dipendente dal perdere peso. E’ in ogni caso una patologia del controllo, OSSESSIVO esasperato, autoimposto, ad un estremo. Perso, ritrovato, e definitivamente perduto all’altra estremità. Allo stesso modo la dipendente affettiva vuole l’altro a tutti i costi, non ne può fare a meno. Lo vuole controllare. Vincerlo, ingurgitarlo, per poi vomitarlo con rabbia per i sentimenti di ambivalenza. E vorrebbe riuscire a fare a meno di lui. In tutte queste forme è riscontrabile mancanza assoluta di amore per sé, una totale distanza da se stessi. Mentre si è totalmente presi dall’altro, il cibo, o la sua assenza, l’amato che non c’è. Nei dipendenti affettivi, nelle persone che esprimono questa patologia attraverso un disturbo alimentare, resta UNA FAME D’AMORE INSAZIABILE, un VUOTO incolmabile, un BISOGNO atavico di accudimento, che l’Altro (sia esso persona o cibo, abbuffata, vomito, o dimagrimento) non potrà mai saziare. Inoltre vi è una costante DISTORSIONE cognitiva per cui la totale assenza di autostima fa sì che la propria immagine sia distorta, svilita, e non soddisfa mai. La dismorfofobia ( Il DSM-IV definisce il disturbo di dismorfismo corporeo ,o dismorfofobia, come una preoccupazione per un difetto corporeo immaginario) è una patalogia correlata ai DCA. A monte un mancato sviluppo dell’amore di sé. Ancora una volta le radici vanno ricercate in una costellazione di fattori che provengono da un setting familiare particolare, e un mancato "nutrimento" adeguato nella fase evolutiva. La soluzione non sta in quantità di chili smaltiti o quantità enormi di cibo ingurgitato o rigettato, o in un numero sulla bilancia. La via d’uscita è imparare a darsi da soli l’amore che si è sentito come mancante. Solo amando se stessi , nel SI’ incondizionato a se stessi, al nutrire il proprio essere non per autodistruggersi, ma per amarsi, il corpo non diventa il bersaglio di un disagio interiore, ma espressione armonica dell’accettarSI’.
Ameya G. Canovi
La nostra peggiore dipendenza è quella affettiva infatti. Siamo spesso delle donne che amano troppo e che hanno uno smisurato bisogno di riceverne altrettanto.
Grazie ameya….GRAZIE.
Spero mi insegnino ad amarmi come io non ho MAI saputo fare e come in realtà
se non con cose materiali nessuno ha mai saputo fare…
Un abbraccio,
Buona giornata…
@Jen mi tocca il cuore la tua testimonianza…l’amore per se stessi si impara..coraggio!!!!!
..Poche parole…ebbene si sono di poche parole anche se..Beh, so di esserci dentro.
ed è proprio per questo che le parole mancano…
Mancano le parole così come manca la volgia di vivere,così come manca la forza.
Manca la forza di intraprendere il percorso che tra pochi giorni andrò ad intraprendere..ebbene si, il ricovero in clinica.
Forse non lo voglio veramente o forse si, non mi capisco, non so nulla di me.
Non so chi ero e non so chi sono, figuriamoci se so chi sarò.
Non lo posso nemmeno immaginare..
non ne ho gli strumenti.
L’anoressia per me è anche questo.. L’anoressia per me è la fame d’amore più grande ed insaziabile che esista..
Difficile colmarla..
credo lo sarà anche finendo in clinica.
grazie per i tuoi post, ti ho mandato l’invito, se vuoi passa da me mi farebbe molto piacere…
Mi sento in dovere di dirti che il mio non è affatto un blog felice…
Ciao..
La piccola Jen
lo sto scoprendo…altro non so dire, sono solo all’inizio, non so dire neanche se ci riuscirò a farmela passare, sembra troppo difficile
grazie per l’invito….ma sono anoressico -bulimia da quando avev circa 12 anni…e ora ne ho 21…..h niziato a curarmi 3 anni fa,perchè labulimia mi stavadistruggendo…ora la bulimia è qusi sparita…quasi,ma fa male cmq…ho ripresola via del dimagrimento….voglio tornare anoressica.IO sono dipendetnte dagli altri,e da queti due mondi.Non ho nient’altro.
Grazie per queste tue parole, passa da me Ameya se vuoi, mi farebbe molto piacere. Un bacio 🙂
l’anoressia è una risorsa troppo presto ostacolata.
@Cara Misscate…come faccio a dirti di te se non ti conosco nemmeno?
non sono qui per giudicare…sono qui per raccogliere racconti di vita…
un abbraccio
Non sò perchè ti ho ciesto che cosa ne pensi di me,forse perchè non mi riesce più giudicarmi,no riesco più a a vedere chi sono veramente..e in te(leggendo il tuo blog) vedo una persona stupenda che studia,che le cose le sà,e quindi volevo un parere…tutto qui…scusami..
ciao Ameya vengo spesso a sbirciare il tuo blog e leggendo questo post mi sono chiesta…. e quando si ha comunque una visione distorta di se stessi, senza essere autolesionisti… se penso a me stessa senza guardarmi allo specchio, mi piaccio, poi se mi guardo allo specchio mi rendo conto di avere un tot di kili in più, me li sento anche quando faccio qualunque tipo di attività, anche la più piacevole, ma se dovessi descrivere come mi percepisco, continuo a sentirmi ventenne, con un fisico abbondante, perchè magra non lo sono mai stata, ma con almeno 30 kg in meno…. come se avessero preso la mia anima e l’avessero messa in un involucro diverso che non riconosco, non sento mio, non lo percepisco…
quando ho incontrato sul mio cammino questo foto mi sono detta…
“sono io”… con l’unica differenza che questa immagine per me è mentale, visto che se mi guardo allo specchio o in foto mi rendo conto di come sono in realtà… è proprio solo la mia immagine mentale che è diversa…. e mi piacerebbe molto poter ritornare come la mia immagine mentale, ma credo che, fino a quando non mi percepirò come sono in realtà, non riuscirò ad attuare nessun tipo di cambiamento dentro e fuori di me…. mi sento in stallo
patty
trovo questo post perfetto!
spieghi benissimo i meccanismi “sotterranei” dei dca che altro non sono che un “grido” disperato di un bisogno d’amore…
un cercare di colmare un vuoto che ti divora l’anima!
Terribile!!!
ma si può guarire…amandosi, imparando ad amarsi, come tu dici!
un abbraccio
Sei grande. Riesci ogni volta a mettermi in discussione.
Buona domenca Greeneyes
letto
Conosco questa realtà perchè lavoro in una Casa di Cura privata in prov. di Vicenza che ha un reparto che tratta i disturbi del comportamento alimentare.
Vedo continuamente queste ragazze camminare avanti e indietro per il prato nel tentativo di bruciare grassi che non ci sono…
Bisogna veramente crescere nella autostima per uscirne.
Ciao da Fabio
stai parlando di me in questo blog.Ho i brividi.
@grazie Tis!
grazie Ameya.
ti vorrei lasciare un pensiero sul cibo che avevo scritto alcuni anni fa:
Cibo
Ma tu chi sei?
il mio amico fidato,
sempre disponibile e rassicurante,
il nemico infido,
strisciante tentatore che mi rende la vita impossibile,
il mio amore,
il mio odio,
la mia dipserazione,
le gioie e i dolori,
la mia colpa,
il mio chiodo fisso?
Ti sei preso tutto,
le lacrime e i sorrisi,
ridàmmi la mia vita.
Ero sparita
ma ora sono tornata-
Riprendo quello che è mio,
pezzo per pezzo,
ti lascerò senza forza.
Resterai lì,
un oggetto senza vita,
bello, invitante, profumato,
senza richiami.
è chiarissimo!
ho scritto male il primo esempio:
so che mi abbufferò so che starò male, ma so che una volta passato il momento critico mi ridarò tregua, mentre se provo a reagire, a dire di no, a non cedere, il “piacere” di una vittoria sarà ancor più forte dolore, quando ci ricadrò, perché lo so che ci ricadrò.
(forse ora è più chiaro)
Non parlo di dolore come abito comodo, parlo di abitudine al dolore.
Conoscere il dolore protegge dal dolore stesso.
es:
So che mi abbufferò, so che starò male e so che poi passa.
oppure:
So che l’attacco di panico come arriva se ne va e allora soffrendo finché dura, aspetto che passi.
E’ un circolo vizioso, dal quale non si esce perché è più facile starci dentro conoscendo le regole e le metodiche del “gioco” piuttosto che addentrarsi un un’avventura che porta dolori diversi, sconosciuti e per questo più potenti, e quindi incontrollabili ti ricordi? il controllo, è un’ossessione…
Ci si identifica col proprio mal vivere come a un abito…comodo?
ti protegge da altro…vero?