DIPENDENZA, UNA RIFLESSIONE

 

Picasso

 

Il comportamento dipendente è dilagante nelle società occidentali. La storia dell’umanità ha da sempre testimoniato che l’individuo facesse uso di sostanze, per evadere la realtà, raggiungere gli dei, avere visioni durante stati alterati di coscienza. Tuttavia l’uso era sporadico, finalizzato a un’azione specifica ritualizzata. La dipendenza dalla sostanza alterante invece ha ben altro substrato e significato. Ogni epoca ha collezionato le proprie droghe e sostanze alteranti. Se nell’Ottocento l’assenzio, la fata verde, le fumerie d’oppio erano le vie di fuga e di sogno maledetto, negli anni Settanta l’alterazione è ricercata nelle sostanze psichedeliche, nello stordimento e ottundimento dell’eroina. Il Ventunesimo secolo si affaccia agli occhi del sociologo, dell’antropologo e dello psicologo come l’era delle NEW ADDICTIONS, le nuove dipendenze, che non si limitato più all’uso di sostanze ma comprendono comportamenti, procedure e attaccamenti morbosi, ossessivi e compulsivi all’ALTRO. Osservando tale fenomeno in un’ottica socio-culturale può essere interessante fare alcune riflessioni. Il pensiero portante della cultura americana si basa sulla concezione che l’individuo nasce dipendente e tutto il processo educativo consiste nel renderlo autonomo, indipendente, assertivo, capace di libera espressione. Pertanto lo stile genitoriale improntato a tale costrutto, indirizza da subito i bambini a fare da soli. Ai bambini piccolissimi si attribuiscono intenzioni e volontà, si mettono a dormire da soli fin da subito, si incoraggiano con frasi esaltanti in ogni progresso precoce. Alcuni studi ipotizzano in questa pratica le cause delle morti in culla (Trevarthan e McKenna 1999).
Le mamme non vedono l’ora di verificare che il loro bambino mangia da solo, cammina, usa attrezzi, si allaccia le scarpe, scrive e legge da solo. L’essere indipendente viene auspicato e premiato. IO e MIO sono le prime parole usate dal bambino per auto-affermarsi nella fase di sviluppo del SE’. Tuttavia in altre civiltà, come quelle orientali ad esempio, o nelle società Maya guatemalteche, o ancora in alcune tribù dei nativi d’America, così come tra gli inuit abitanti del Quebec artico, lo stile di accudimento e allevamento della prole parte da assunti di base opposti (Rogoff 2003). In Giappone ad esempio il bambino è considerato un essere indipendente e pertanto l’educazione verterà su un processo educativo atto a renderlo dipendente positivamente (AMAE) alla famiglia, per fargli acquisire un senso di appartenenza, partecipazione e interdipendenza dai membri. Comportamenti collaborativi vengono insegnati e proposti, la capacità di collaborare con il gruppo è anteposta alla riuscita personale. Si pensi al ben diverso slogan YES, I CAN! Ai bambini giapponesi è concessa estrema libertà e supporto fin dai primi mesi. I bambini non fanno nulla di proposito secondo queste culture, essi sono sostenuti dal gruppo, restano insieme agli adulti e ai coetanei, non vengono segregati e trattati come diversi, non hanno giocattoli appositi e strutture apposite. Non vengono segregati o considerati impicci ma inclusi, a differenza delle nostre società dove essi vengono cresciuti in un mondo a parte in attesa e preparazione per l’ingresso nel mondo adulto.  Con l’industrializzazione nell’Ottocento la società rurale è stata soppiantata dall’urbanizzazione con conseguente modifica della struttura familiare. Da una convivenza allargata e collettiva, i bambini sono separati e divisi per comodità in età precise. Se un tempo erano i fratelli maggiori o la comunità a tenere i più piccoli, ora essi si vedono delegati a strutture educanti. Jerome Bruner, psicologo americano quasi centenario, individua nello scaffolding , nell’impalcatura fornita dai maggiori ai più piccoli, quel supporto e contenimento necessari affinché il bambino cresca accolto, sicuro e sereno, fino ad imparare e sostenersi da solo quando grande e ricco delle esperienze proprie e altrui. Alla luce di quanto accade nelle società contemporanee occidentali, dove  crescita e svezzamento sono rapidi, forzati e a tutti i costi, alcuni interrogativi sorgono inevitabilmente. Tale processo di sviluppo accelerato, senza il dovuto sostegno del mondo adulto che aspetta con pazienza che il bambino acquisisca conoscenza e significati condivisi sul mondo, non potrebbe essere causa della devastante incertezza e insicurezza che caratterizza gli adolescenti e li spingono a cercare il sostegno in Altro? L’estrema vulnerabilità degli adolescenti occidentali non potrebbe nascere dalle mancate sicurezze che il mondo adulto non riesce più a dare, nella fretta di esaurire il più presto possibile il contenimento?
La mancanza di sponde relazionali sicure non potrebbe minare l’individuo nella sua autostima e farlo crescere con questo bisogno di aggrapparsi ad Altro per trovare certezze rassicurazioni e conferme in sostanze o surrogati vari come l’ossessione- compulsione da internet, da sms, da shopping, sport, sesso e tutte le nuove dipendenze?
Ameya G. Canovi

88 commenti su “DIPENDENZA, UNA RIFLESSIONE”

  1. @Theap sei libero/a di non leggere o di non commentare io sono libera di scegliere chi e cosa far leggere qui. Almeno qui! Tu non hai nemmeno un blog??????? E scusa cosa c’entra la moderazione con il capire? Devono essere libere di dire volgarità le persone per capire???
    E già che ci siamo non ho capito io le tue domande…

  2. no il moderatore no questa è una cosa negativa deprimente non condivido peccato mi piaceva il tuo blog ma il moderatore no quello non aiuta a comprendere

  3. ma il concetto di esclusa/o e la relativa mancanza che qualcuno del gruppo va a colmare condizionando talmente un nuovo individuo tanto che questo prende le caratteristiche dell’esclusa o mancante è stato elaborato? ha un senso quello che ho scritto?

  4. http://ariaf[..] Amore o Dipendenza Affettiva? « DIPENDENZA, UNA RIFLESSIO… | Home venerdì, 27 febbraio 2009 TI MANGEREI Esiste una forma di relazione in cui uno dei due è fagocitante. Uno cerca di inghiottire metaforicamente l’altro [..]

  5. http://ariaf[..] Amore o Dipendenza Affettiva? « DIPENDENZA, UNA RIFLESSIO… | Home venerdì, 27 febbraio 2009 TI MANGEREI Esiste una forma di relazione in cui uno dei due è fagocitante. Uno cerca di inghiottire metaforicamente l’altro [..]

  6. “L’estrema vulnerabilità degli adolescenti occidentali non potrebbe nascere dalle mancate sicurezze che il mondo adulto non riesce più a dare, nella fretta di esaurire il più presto possibile il contenimento?”
    decisamente la estrema e fragilissima vulnerabilità degli adolescenti occidentali deriva, in grande misura, dalla mancanza di sicurezza che il mondo cosidetto adulto non sa dare loro.
    ho visitato spesso l’oriente e conosco, in parte, il differentissimo modo di educare i bimbi.
    scritto molto interessante il tuo.
    grazie
    con un sorriso
    aura

  7. L’estrema vulnerabilità degli adolescenti occidentali non potrebbe nascere dalle mancate sicurezze che il mondo adulto non riesce più a dare

    insegno nella scuola primaria e vedo sempre più genitori-adolescenti di ritorno (magari ultraquarantenni) tutti presi dai loro bisogni e dei loro ego immensi; vedo coppie i genitori che sono formate da ego smisurati, mi intristisce molto fare constatzioni di questo tipo…

    un saluto e buona settimana

  8. Nell’ultimo decennio credo siano aumentate le differenze in europa tra paesi mediterranei come Italia e Spagna e paesi anglosassoni. Credo che da noi il ruolo della madre e l’influenza sui figli (maschi) sia un tema assolutamente dominante. Il modo di etichettare gli uomini italiani come “mammoni” non è poi del tutto sbagliato. L’indipendenza dei ragazzi (anche dei bambini) per molte cause, comprese quella economica raramente si sviluppa. La famiglia è un asse portante della nostra società..possiamo vedere come sono diverse Olanda e Inghilterra se pensiamo al concetto di famiglia e al ruolo dominante della famiglia nella società..
    Sulle droghe: negli anni sessanta attraverso la psichedelia le droghe come Lsd erano parte di una cultura di massa con la musica e i movimenti hippy; negli anni 70 l’eroina distrusse l’individuo isolandolo in un mondo chiuso e solitario. Ciao

  9. @Gabriella ricorrere all’Altro è insito nell’uomo in quanto interazione, interdipendenza. Non sapere funzionare senza “stampelle” ci rende zoppi..grazie della bella testimonianza

  10. Ho sempre lasciato che mia figlia, che adesso ha 6 anni, capisse tutto e crescesse con i suoi tempi.
    Questo non vuol dire averla abbandonata a sè stessa, ma aver compreso, per una qualche ragione, che gli esseri umani hanno un ritmo di crescita più simile a quello delle piante che a quello che l’ uomo vuole credere.
    Questo mi ha tirato addosso critiche feroci.
    Quando qualcuno mi intimò di toglierle il ciuccio, che per altro non le avevo messo io,risposi che prima o poi lo avrebbe lasciato da sola.
    In verità poi commisi l’ errore di approfittare di un trasloco per mettere fine a questa brutta educazione alla dipendenza.
    Quando raccontava delle sue dieci sorelle immaginarie, dicevo che prima o poi non ne avrebbe parlato più. Ed è stata dura, ho avuto paura di non crederci neanch’ io, ma adesso non ne parla più.
    Ovviamente qualcuno ha pensato di usarle la riconosciuta facoltà di porle violentemente la verità davanti agli occhi, dicendole che in realtà non esistevano, che erano immaginarie.
    Ho fatto e faccio tutt’ ora guerre con la mia famiglia, nella quale mi trovo a vivere in questo periodo, con la mia bambina, per abituarla a mangiare a tavola. Cosa che ovviamente non fa.
    Eppure, quando siamo da amici, quando usciamo, mangia tranquillamente a tavola.
    So bene che da grande saprà come si mangia a tavola perchè da sempre le parlo della bellezza della condivisione e dell’ arte di guardare un bel piatto prima di mangiarlo.
    Col tempo imparerà anche a capire l’ importanza delle sostanze nutritive.
    Essere genitori vuol dire mettersi in discussione innanzitutto con la società.
    Perchè i genitori sanno sempre quel che è giusto per i loro figli, ma sono estremamente deboli di fronte al giudizio.
    Io parlo alla base della mia esperienza perchè in certo qual modo sento forte la resistenza della gente al mio modo di vedere e di concepire la vita.
    Ma trovo sempre troppa violenza nel voler insegnare ad un bambino a dormire da solo chiudendolo al buio in una stanza.
    Se un genitore evitasse di pensare a come fare per essere un bravo genitore agli occhi degli altri forse imparerebbe a fare il genitore in una maniera più consona a lui e anche al bambino.
    Se un genitore evitasse di esercitarsi a fare il genitore modello eviterebbe nevrosi infinite e devastanti a sè stesso e anche al figlio.
    Se un genitore ricordasse che dal momento che è divenuto genitore non deve scordare di essere un essere umano, i figli imparerebbero che quella persona che loro sanno essere il genitore a prescindere dalla parola, in qualunque modo ed in qualunque caso è il genitore. Tanto più se commette errori, tanto più se è imperfetto, tanto più se è umano nel vero senso della parola.
    E’ la società che ci insegna che esistono i mostri.
    E ciò è mostruoso.
    Perchè il mostro è sempre il diverso.
    Questa diversità ai nostri giorni è ancora più accentuata dall’ omologazione pressocchè totale cui siamo giunti grazie all’ impoverimento etico e culturale prevalentemente determinato dai media.
    Probabilmente il ricorso ad altro è innato nell’ essere umano.
    Ma prima camminava di pari passo con un percorso di vita, di esistenza, di consapevolezza dell’ unità e della persona.
    Oggi è rimasto un cumulo di corpi vuoti di sè con una forte memoria dell’ altro, inteso come altro stato di coscienza, per così chiamarlo.
    L’ altro è in realtà una memoria del sè più profondo. Ma la scissione sembra preoccupante.
    Ecco il perchè delle dipendenze.
    La scissione avviene quando ci confiniamo in un’ immagine che cozza con la nostra vera essenza. Ogni essere umano sa che non può essere uguale all’altro, ma sembriamo costretti ad esserlo.
    Potrei continuare all’ infinito.
    Ma mi fermo qui.
    Un saluto.
    Gabriella

  11. Sono totalmente d’accordo con te (oddio… non che la cosa sia una novità! :-D). E’ ovvio che i bambini devono trovare qualcosa a cui attaccarsi (d’altronde, è come quando, molto piccoli, i bambini fanno le loro esplorazioni e poi ritornano dalla madre, che serve come “approdo sicuro”). Purtroppo però temo che gli adulti che dovrebbero impedire la nascita di queste dipendenze… siano troppo impegnati a gestire quelle che loro stessi hanno!

  12. Una Gestalt orizzontale

    eremo mi fa pensare alla Gestalt, al tutto che è più della somma delle parti. Nella società attuale si stanno formando nuove forme di vita che non sono analizzabili con i tipici metodi analitici occidentali, quei metodi tesi ad individuare i frammenti più che l’entità d’assieme risultante. Proprio in questo senso l’approccio del marketing, teso ad individuare fasce di consumatori omogenei, è poco produttivo dal punto di vista teoretico.

  13. Troppe sollecitazioni dal mondo consumistico esterno, troppi simboli ed esempi devastanti, troppa permissività che fa sbandare. La famiglia è troppo occupata spesso a sbarcare il lunario. Non è facile….