

La vittima sembra avvinghiata al suo carnefice, è aggrappata a lui, soffre, ma questa sofferenza spesso è voluta, necessaria alla vittima. E per poter perpetrare la sua sofferenza l’uomo le è indispensabile. La loro unione è fortissima, lo si può vedere nei loro sguardi, ipnotici, invischiati. Il resto del mondo è marginale, tutto ruota attorno a questa danza. Da parte sua egli esiste in questo abbraccio, assume un ruolo, un’importanza grazie a lei, che lo legittima. Il loro abbraccio acquisisce in quest’ottica tutt’altro significato, e la forza del legame appare così indissolubile. L’odio crea relazioni inossidabili, la rabbia è un gancio che unisce, e finché in una relazione c’è rancore, livore o aggressività c’è indubbiamente energia. Uno getta l’esca, l’altro abbocca all’amo. Tutti e due si nutrono in questa dimensione emotiva. Finché sussistono emozioni la relazione sopravvive, anche negativamente. Soltanto quando i due si sentiranno neutri l’uno verso l’altro, la dinamica si potrà interrompere. Ma se il fiume di azione/ reazione persiste, i due si alimentano dell’energia dell’altro. La vittima userà il carnefice come proiettore per i propri fantasmi, come pattumiera emotiva, come catalizzatore di tutti i mali. Il carnefice crede di massacrare l’altro, che vede fragile, sbagliato, da cambiare, da distruggere. Ma non lo farà, lo terrà attentamente in vita, perché finirebbe lo scopo della sua vita. Anzi la vittima va ravvivata, va trattenuta. Il carnefice teme l’abbandono della sua vittima, ha il terrore che lei se ne vada. Ogni tanto le dà riconoscimento, la lusinga. Le dà amore, per poi toglierlo. Dal canto suo la vittima disambigua tutti questi messaggi impliciti, resta avvinghiata, aspetta che arrivi lo zuccherino seguito dalle “percosse”. Eros e Thanatos corrono intrecciati e implacabili, inscindibili. La loro è una forte dipendenza, il piacere della vittima è occulto e sottile, quello dell’altro è più evidente.
Per assurdo nelle dinamiche relazionali, a livello simbolico, chi detiene davvero il potere è la vittima, che in apparenza soffre così tanto. Il carnefice è solo un mezzo, un funtore, che permette alla vittima di raggiungere il suo obiettivo: soffrire. La vittima ha il suo disegno, la sua profezia da realizzare, la sua idea del mondo. L’altro gli serve per verificare l’idea che lei ha di se stessa, e fa in modo che egli, l’altro, faccia esattamente ciò che lei si aspetta: le faccia male. Il carnefice ha altrettanto bisogno della vittima per illudersi di essere importante, è lei che fornisce attribuzione di significato al suo ruolo. Senza la vittima il carnefice non esiste, non è nessuno. E la vittima è totalmente ammaliata e affascinata dal suo carnefice, egli diventa pretesto per proiettare i propri mostri irrisolti, incarna l’archetipo del male, e impersonifica le proprie parti persecutorie interiori. Entrambi non possono realizzare l’idea che hanno di se stessi senza l’altro.
e tu ti limiti a criticare le mie affermazioni senza essere propositiva…anche questo è decisamente limitato…parli come Bersani…
mi pare una visione ristretta e unilaterale
non è necessaria alcuna giustificazione…da psicologa quale sei…non puoi non ammettere che anche tra gli umani esiste sempre un dominante ed un dominato…non esiste un rapporto paritario…due caratteri o due personalità si scontrano sempre in qualche modo…ed una cerca sempre di imporsi sull'altra…
@MM vogliamo arrivare a una sorta di giustificazione?
ciao…
leggendo i vari commenti a questo post, continuo a non capire perchè è opinione comune che nel rapporto vittima-carnefice ci sia alla base una forma di violenza o di crudeltà o vieppiù di patologia…
se riduciamo ai minimi termini queste due espressioni (vittima e carnefice appunto), arriviamo ai nudi dominante e dominato, che, a mio avviso, con tutte le gradazioni del caso, sono i ruoli (naturali , non assunti) che si instaurano sempre laddove ci sia un qualsiasi rapporto umano tra due (o più) individui…
smettiamola di demonizzare (ovviamente non mi sto rivolgendo a te) ciò che non si conosce…ed informiamoci di più…
MM
@già…
lucida analisi…mi ricorda una storia che ho vissuto in prima persona… ma i ruoli erano molto sfumati…vittima e carnefice semplicemente due persone che volevano cose diverse l’uno dall’altra, a volte disposte a cedere (per trattenere la vittima, come dici tu), altre violente nel togliersi quel che era stato dato…in un continuo scambio dei ruoli…
Il portiere di notte fu un must della mia crescita, non voluto ma introiettato.
Ho ceduto alle lusinghe del carnefice finchè vedevo strada da percorrere, binari da seguire, erba da far crescere. Erano in me.
Ora devo solo gestirmi, il carnefice non è più strumento fallace ma solo orpello, mendace. Questione di età
sempre interesanti i tuoi scritti…
Smile
ps. passeresti da me… vorrei un tuo parere su una cosa…
post: bacio / Bonolis / Chi ha incastrato Peter Pan….
quando hai tempo…. grazie : )
Grazie, ma questo lo sapevo già …ok grazie lo stesso.
Buona notte…
@la dipendenza affettiva è una componente del DBP ma non tutti i dipendenti affetivi sono per forza Borderline
Oops dimenticavo: una vittima diventa col tempo carnefice…è una catena. Troverá la sua vittima, che diventerà con il tempo, carnefice a sua volta, se predisposta, se "senza personalitá"…
Leggendo i tuoi post, sono sempre più convinta che la dipendenza affettiva sia un sintomo di un disturbo di personalitá, tipo il Borderline.
Ciò che descrivi ha troppe cose in comune con il Borderline…puoi dirmi la distinzione, se si tratta di due cose separate…senza mandarmi in Internet o leggere libri, che l’ho giá fatto?
Io so che nel Borderline troviamo il sintomo di dipendenza affettiva, disturbi di alimentazione, autopunizione etc etc, ovvero tutto ciò che descrivi nella dipendenza affettiva…
Mi potresti chiarire le idee? O la dipendenza affettiva é solo un sintomo…o non capisco perché debbano esistere due disturbi quasi identici.
Un giorno mi hai detto che la cosa è complicata…puoi spiegare? Sempre se hai tempo. Possono esserci persone che soffrono di Borderline e invece si vedono qui e credono di aver trovato la risposta.
Grazie e buona giornata.
Nadia
ANCORA IO, SENZA CAFFE` PER ADESSO.
VEDO CHE HAI CAMBIATO NOME, FORSE AL POSTO DELLA PSICOLOGA CI VUOLE UN BUON OCULISTA.
cara
amelia
eheh
smack
Certo che ne esistono di matti a sto monno.
Il dramma avviene quando non sapendo riconoscersi, non si accoppiano solo tra di loro, ma coinvolgono dei poveri sprovveduti che già di per sè troverebbero difficoltà ad affrontare le difficoltà della vita.
Anche in questo caso però, la disponibilità di risorse finanziare potrebbe essere di aiuto.
@eh sì Sister…
mi spiace ma non riesco neppure ad immaginare un rapporto su queste basi,
passare da te è sempre molto impegnativo,
un abbraccio,
cesy
@Mike faccio il tifo per te da qui!!! un abbraccio
CIAO SIGNORA DEL SORRISO E DELLA PSICOLOGIA, ANCHE SE NON HO LASCIATO MESSAGGI, SONO SEMPRE IN GIRO. LA CARROZZERIA E` QUASI NUOVA, ANCHE SE LO CHASSIS VA A TRE. PER ADESSO TI LASCIO UN CIAO, IN SEGUITO TI MANDERO` UN CAFFE` TRAMITE E-MAIL. SEMPRE CON AFFETTO DAL NEW JERSEY.
Un uomo uccide una donna quando capisce che il processo per uxoricidio è più lieve di una causa di divorzio.
E se non lo prendono potrà godere l’aspetto migliore del matrimonio, ovvero la vedovanza.
Ostia… ameya hai colpito un’altra volta. 🙂
At salut!
@grazie mi chiamo Ameya
Cara Amelia la tua analisi a momenti sembra essere cinica e morbosa, ma io credo che sia reale, a volte guardando storie di ossessione che sfociano nelle piu’ crude forme di violenza, ho sempre pensato, e con poca credibilita’ sostenuto che il gioco di carnefice e vittima esiste per una necessita’ anche se’ inconscia di entrambi, a volte i ruoli si invertono, iu un gioco malato, che finisce anche tragicamente.
Certo non possiamo liquidare cosi’ tutte le storie di violenza altrimenti regnerebbe solo la patologia, sicuramente esistono donne solo vittime, ma credo che questo sia un altro discorso.
Un sorriso
mi ricorda il gioco del gatto con il topo, lo stesso che avevo con mio padre.
perfortuna me lo sono levato dai piedi.
credo di aver appena incontrato una persona in piena dipendenza affettiva… ne sono uscito malconcio…vorrei provare a capirci di più. Grazie
@un abbraccio a te Babi
Cara Ameya, questa descrizione ricalca una storia da me vissuta anni fa, quella di cui ti ho parlato per mail…un rapporto di dipendenza del tipo "vittima -carnefice", nel quale ho permesso a lungo ad una persona di farmi del male approfittando della posizione privilegiata che io gli davo. Dopo pochi mesi felici questa persona e’ sparita dalla mia vita a seguito di un banale malinteso, io per paura di eprderlo del tutto mi sono umiliata pur di riaverlo a mio fianco e da allora lui ha inziato a trattarmi male, a sparire e ricomparire a piacimento e questa cosa e durata per quasi 7 anni.
Ora ne sono venuta fuori ed ho compreso che sono le vittime che spesso, senza rendersene conto, danno a queste persone il potere di far loro del male, e finche’ non ce ne rendiamo conto e’ difficile se non impossibile uscire da questa dinamica perversa.
I carnefici sono persone in fondo deboli, che credono di valere perche’ esiste qualcuno che li idealizza, Sicuramente il primo passo da fare e’ recuperare la propia dignita’ e dire a se’ stesse "ma perche’ sto con una persona che non mi ama"?
In realta’ siamo noi per prime a fare del male a noi stesse, loro sono solo una proiezione delle nostre ferite irrisolte. biosgna partire da li’…da noi stesse, volerci bene e permettere solo a persone che ci dimostrano il bene di stare nella nella nostra vita.
Un abbraccio :*
@Vera in realtà questo allora diventa terapeutico, dar voce alle proprie parti tutte, farle agire coralmente in un blog mette in scena la schizofrenia che tutti dentro abbiamo delle nostre parti scisse… l’importante è la consapevolezza…
Molto spesso, mia cara Ameya, qui sui blog vittime e carnefice sono la stessa persona. Anche se non sono una psicologa ho un pizzico di esperienza e posso dirti che le patologie che ho riscontrato nei vari anni che bazzico il web sono davvero tante e variegate…
@di nulla Zuzulì a volte accade di fraintendere 🙂
Sono ritornata a leggerti. Mi scuso se in passato sono stata ‘aggressiva’ con te. Mi dispiace, ho sbagliato. Non avevo compreso o voluto comprendere.
Mi è piaciuto molto il post sulle sirene e le balene, ma ancor più la descrizione della tua mamma.
P.S.
scusami se s9ono andata fuori tema.
io sono qui:
.http://ladonnaconlafinestrasulmare.blogspot.com/
@qui si parlava a livello simbolico… se il carnefice decide nella raltà di annientare la vittima è perché, credo, sente di non avere più potere, ma qui si sfocia nella patologia conclamata, nella perdita dell’esame di realtà, mentre questo post riguarda dinamiche simboliche, che possono avvenire anche tra lettori di blog :-)))
Un’analisi assolutamente dettagliata e molto corretta. Ti faccio una domanda Ameya, secondo te perchè in alcuni casi ( tipo dopo un pesante stalking ) il carnefice decide di uccidere la sua vittima? Forse questo avviene nel momento in cui egli sente che questa gli sta sfuggendo di mano?