L'alessitimico non trova le parole per dire a se stesso, all'altro, le proprie emozioni. L'anaffettività altro non è che il rovescio della medaglia della dipendenza affettiva.
Il dipendente affettivo riconosce il suo alter ego, il suo opposto. L'anaffettivo è incapace di declinare l'affetto, chi è prigioniero dell'alessitimia non riesce a manifestare quanto sente.
Ma entrambi, chi troppo esprime e chi non sa trovare le parole per dirlo, falliscono la regolazione delle emozioni. Chi si trova invischiato in questa dinamica sa che il problema è il medesimo. Uno squilibrio, una mancata sobrietà emotiva che oscilla o si sclerotizza nel troppo o nel nulla. Mancando un vero, profondo, intimo incontro con l'altro.
Il dipendente affettivo riconosce il suo alter ego, il suo opposto. L'anaffettivo è incapace di declinare l'affetto, chi è prigioniero dell'alessitimia non riesce a manifestare quanto sente.
Ma entrambi, chi troppo esprime e chi non sa trovare le parole per dirlo, falliscono la regolazione delle emozioni. Chi si trova invischiato in questa dinamica sa che il problema è il medesimo. Uno squilibrio, una mancata sobrietà emotiva che oscilla o si sclerotizza nel troppo o nel nulla. Mancando un vero, profondo, intimo incontro con l'altro.
Ricevo e volentieri pubblico:
Gent.ma Ameya,
sono una ragazza di 29 anni e il mio nome è G. Sono capitata per caso nel suo blog, che trovo interessante e utile senza alcun dubbio. Preciso subito che non sono affetta da dipendenza affettiva e che forse la mia e-mail le sembrerà fuori luogo o addirittura poco interessante.
Perchè allora voglio scriverle? Perchè probabilmente mi piacerebbe ricevere da una persona esperta di problematiche relazionali un parere. Forse anche solo perchè sento il bisogno di parlarne con qualcuno che abbia strumenti per valutare oggettivamente e professionalmente il mio "problema". Spero di riuscire ad essere il più breve possibile per non rubare spazio all'importantissima problematica su cui più è focalizzata la sua attenzione. Sto seguendo una terapia dall'inizio di novembre con una psicoterapeuta molto brava con cui mi trovo bene, non sono sola nel mio percorso, anche se da poco, quindi la mia non è una richiesta di aiuto on-line. Ne ho fatte già tante in passato, senza ottenerne nessun beneficio, come è ovvio che sia.
Vengo al punto. Il mio problema è l'indipendenza affettiva. Proprio così, INdipendenza. In 29 anni non sono mai stata con un ragazzo, a pensarci bene non mi sono mai davvero innamorata, o meglio non ho permesso a me stessa di innamorarmi. Non sono incapace di provare emozioni, sono invece una persona estremamente sensibile e profonda. Nel suo profilo, quando spiega cos'è la dipendenza affettiva dice: "Chi non avendo imparato ad amare se stesso "ama troppo" l'altro e non riesce a uscire da relazioni negative".
Io non ho mai imparato ad amare me stessa e quindi ho difficoltà ad amare l'altro, non riuscendo ad uscire dalla mia chiusura e dal mio blocco. Non è un problema di timidezza…la timidezza si supera. Banalmente alcuni dicono che dipende dal non aver trovato ancora la persona giusta, ma non è neanche così. Ci sono state volte in cui avrei voluto vivere una relazione, ma mi sono tirata indietro, mi sono isolata, ritirata nella mia solitudine di ferro.
Probabilmente in questo momento starà pensando che non è un grosso dramma. Che succede.
Io sono arrivata al punto di non riuscire più ad essere contenta per la felicità altrui, per le mie amiche che continuamente si innamorano, si lasciano andare e vivono emozioni….vivono la vita come deve essere vissuta. Mi sento vuota, mi sento come se non avessi niente da dare e sono incredula di fronte ad un ragazzo che mostra interesse nei miei confronti. Mi dico "ma cosa vuole da me? non capisce come sono fatta? non vede che ci sono migliaia di altre ragazze migliori di me? Più allegre, più serene, più carine, più aperte". L'ultimo ragazzo che mi si è avvicinato mi ha fatto pensare esattamente queste cose….e gli ho detto che " io potevo solo pensare di stare da sola", e ho perso anche lui.
Prima leggevo l'intervento pubblicato il 10 dicembre, firmato MP, e questa frase mi ha colpito molto "Ho iniziato a vivere lentamente, ho messo cose tra me e lui. Non cose qualsiasi. Cose che mi piacevano davvero. Ho iniziato a fare foto. A esporle. A frequentare gruppi di volontariato, ho iniziato a percepire che l’amore era dentro di me, e che se non arrivava da lui , arrivava da molte altri parti. Ero cieca, sorda, e all’improvviso ho iniziato a vederci. Il vuoto che sentivo non era più vuoto, era pieno di cose piene. Era bello di cose belle. Non ero più mezza. Ero intera anche senza di lui. Bella senza dovermi vestire e pettinare per lui. Tutto questo ha lasciato il posto a un calore, a una pacatezza".
sono una ragazza di 29 anni e il mio nome è G. Sono capitata per caso nel suo blog, che trovo interessante e utile senza alcun dubbio. Preciso subito che non sono affetta da dipendenza affettiva e che forse la mia e-mail le sembrerà fuori luogo o addirittura poco interessante.
Perchè allora voglio scriverle? Perchè probabilmente mi piacerebbe ricevere da una persona esperta di problematiche relazionali un parere. Forse anche solo perchè sento il bisogno di parlarne con qualcuno che abbia strumenti per valutare oggettivamente e professionalmente il mio "problema". Spero di riuscire ad essere il più breve possibile per non rubare spazio all'importantissima problematica su cui più è focalizzata la sua attenzione. Sto seguendo una terapia dall'inizio di novembre con una psicoterapeuta molto brava con cui mi trovo bene, non sono sola nel mio percorso, anche se da poco, quindi la mia non è una richiesta di aiuto on-line. Ne ho fatte già tante in passato, senza ottenerne nessun beneficio, come è ovvio che sia.
Vengo al punto. Il mio problema è l'indipendenza affettiva. Proprio così, INdipendenza. In 29 anni non sono mai stata con un ragazzo, a pensarci bene non mi sono mai davvero innamorata, o meglio non ho permesso a me stessa di innamorarmi. Non sono incapace di provare emozioni, sono invece una persona estremamente sensibile e profonda. Nel suo profilo, quando spiega cos'è la dipendenza affettiva dice: "Chi non avendo imparato ad amare se stesso "ama troppo" l'altro e non riesce a uscire da relazioni negative".
Io non ho mai imparato ad amare me stessa e quindi ho difficoltà ad amare l'altro, non riuscendo ad uscire dalla mia chiusura e dal mio blocco. Non è un problema di timidezza…la timidezza si supera. Banalmente alcuni dicono che dipende dal non aver trovato ancora la persona giusta, ma non è neanche così. Ci sono state volte in cui avrei voluto vivere una relazione, ma mi sono tirata indietro, mi sono isolata, ritirata nella mia solitudine di ferro.
Probabilmente in questo momento starà pensando che non è un grosso dramma. Che succede.
Io sono arrivata al punto di non riuscire più ad essere contenta per la felicità altrui, per le mie amiche che continuamente si innamorano, si lasciano andare e vivono emozioni….vivono la vita come deve essere vissuta. Mi sento vuota, mi sento come se non avessi niente da dare e sono incredula di fronte ad un ragazzo che mostra interesse nei miei confronti. Mi dico "ma cosa vuole da me? non capisce come sono fatta? non vede che ci sono migliaia di altre ragazze migliori di me? Più allegre, più serene, più carine, più aperte". L'ultimo ragazzo che mi si è avvicinato mi ha fatto pensare esattamente queste cose….e gli ho detto che " io potevo solo pensare di stare da sola", e ho perso anche lui.
Prima leggevo l'intervento pubblicato il 10 dicembre, firmato MP, e questa frase mi ha colpito molto "Ho iniziato a vivere lentamente, ho messo cose tra me e lui. Non cose qualsiasi. Cose che mi piacevano davvero. Ho iniziato a fare foto. A esporle. A frequentare gruppi di volontariato, ho iniziato a percepire che l’amore era dentro di me, e che se non arrivava da lui , arrivava da molte altri parti. Ero cieca, sorda, e all’improvviso ho iniziato a vederci. Il vuoto che sentivo non era più vuoto, era pieno di cose piene. Era bello di cose belle. Non ero più mezza. Ero intera anche senza di lui. Bella senza dovermi vestire e pettinare per lui. Tutto questo ha lasciato il posto a un calore, a una pacatezza".
Anche se nella realtà non ho un uomo da cui dipendo, anche se il mio problema sembra essere diverso, mi ritrovo in quel vuoto, in quell’esigenza di piacere prima di tutto a qualcun altro per riuscire a piacere a me stessa, entrando così in un buco nero, perché nello stesso tempo non permetto a nessuno di avvicinarsi e quindi di farmi sentire un po’ d’amore per me, di farmi sentire accettata.
Perché succede questo? Non lo so, o forse lo so, ma ci vuole troppo tempo per spiegarlo e non è questa il luogo giusto. Sono sempre stata fuori dal mondo, sempre stata strana. Da bambina soffrivo di mutismo selettivo, che nessuno ha saputo diagnosticare. Col tempo mi sono chiusa sempre di più, oppure sono rimasta chiusa, non so dirlo.
Sono una ragazza piena di passioni, di curiosità, di voglia di vivere….tutto in teoria. In pratica mi perdo, mi privo, mi blocco, mi spavento, mi reprimo. Io non conto niente, sono tutti migliori di me.
Una mia cara amica dice che ho paura di vivere le emozioni forti, sia quelle negative che quelle positive. Io le ho risposto: cara amica, sono 29 anni che sono così, è il mio carattere, pensi che si possa cambiare? Pensi che è colpa mia se nessuno mi ha fatto pensare di potermi davvero aprire. Perché sarebbe difficilissimo riuscire a stare con me. Bisognerebbe avere una pazienza e una dolcezza infinite. E penso che nessuno ce le ha. Nessuno, se potesse scegliere, se sapesse come veramente sono e che fatica sarebbe stare con me, nessuno rimarrebbe. Allora ai ragazzi risparmio la fatica di scoprirlo da soli. Li allontano direttamente, soffrendo tantissimo ogni volta che succede, mentre quelli che mi conoscono continuano a ripetermi “che fortunata che sei tu, come sei forte!”
Credo di aver scritto troppo, allora mi fermo qui.
La ringrazio per il tempo che mi dedicherà .
G.
G.
Cara G. trovo molto interessante il tuo scritto, che sintetizza chi con le emozioni ha fatto un patto. Tenerle distanti. Per non soffrire si chiude, chiudendo fuori anche il sentire le emozioni belle, che nutrono. E' un meccanismo di difesa, molto primario. Ma non così infrequente.
Ameya G. Canovi
E’ tardi forse per commentare questo post: quello che penso, quello che ho vissuto, è che il dipendente affettivo è molto attratto dall’anaffettivo. Le due “patologie”, che fanno vivere in modo distorto le emozioni, a volte all’ennesima potenza, a volte al grado zero, possono diventare uno il complementare dell’altro. In una lotta senza fine si assecondano le esigenze dell’uno e dell’altro, chi urla e chi tace, chi mostra e chi nasconde, chi esplode e chi implode sempre a fianco dell’altro, uno sotto e uno sopra.
Non so, se le mille sfumature di grigio della “normalità” si potranno mai scorgere in una lotta come questa (che io ho vissuto, che sto finendo vivere) o se tutto si chiuderà in una precipizio di sensi di colpa, verso se stessi e verso l’altro. Spero che tutti coloro che soffrono del “troppo bianco” o “troppo nero” un giorno trovino quell’arcobaleno quotidiano che credo nella vita di tutti giorni, e all’interno di noi stessi, sia davvero e comunque possibile.
Complimenti al blog.
io sono una ragazza di 22anni e il mio modo di esprimere emozioni è scoppiare a piangere improvvisamente senza motivi come una bambina….e mi sento anke giudicata e offesa dai miei familiari perchè per loro sono "normale".
@mi sembra più una repressione questa di emozioni e di sentimenti, l'anaffettività è nel far venire a galla nulla…le ragioni? tante
Ameya, non ho letto tutta la lettera ma il discorso dell'anafettività mi ha fatto venire in mente una cosa. L'anafettività secondo me è collegata all'educazione. Quando ero piccola mia madre si ingelosiva se una mia zia mi rendeva felice e ancora pochi anni fa mi rimproverò perchè avevo sorriso con affetto o dimostrato affetto – non ricordo con precisione – ad una nostra conoscente.Ameya, non sempre le persone hanno colpa di come sono: noi forse reiteriamo un comportamento al quale siamo stati abituati sin da piccoli. Non è semplice recuperare un sano sorriso ogni giorno perchè torna subito il dubbio di essere giudicati per quel sorriso.
@cosa c'entra con questo post?
Io credo semplicemente che gli uomini non siano macchine telecomandate capaci di piangere o ridere a comando..Ora se una persona è talmente intelligente d'aver compreso il punto in cui l'interlocutore ha deciso d'arrivare e non si lascia turbare dagli eventi..Non significa essere anaffettivi..Semplicemente significa essere persone intelligenti..Per il resto io ho vissuto un rapporto durato ben 7 anni..direi del tutto normale..con tanto di alti e di bassi come in qualsiasi altra coppia, non ho mai avuto problemi nei rapporti sociali anzi tutt'altro..Se poi qualcuno avrebbe deciso di farci finire sul lettino adesso..Si sta sbagliando di grosso..C'è tanta di quella maturità e consapevolezza oggi più di ieri..da non essere proprio persone da lasciarsi destabilizzare..E non per carenza di sentimenti o per timore d'esternare le stesse emozioni no..E' l'incapaci tà di mettere a nudo le proprie emozioni dinanzi agli artifici costruzioni..Nel momento in cui, ti rendi perfettamente conto da persona matura quale sei, che basterebbe un semplice dialogo a cuore aperto , con la capacità di mettersi in gioco d'entrambi..Perchè se uno si apre ,mentre l'altro rimane aggrappato alla maschera di sempre, non abbiamo concluso niente..Insomma 33 anni non sono tanti ma sono sufficienti per sentirsi abbastanza maturi, non foss'altro per l'esperienza a monte che una 20enne non ha nè potrebbe avere del resto…mi spiego?Poi c'è chi ha vissuto e chi invece ha sempre guardato la vita dal buco d'una serratura..ed allora il discorso cambia..
@Grazie Anna, avere il coraggio di STARE davanti a una persona, nel senso di restare senza fuggire emotivamente, nel senso di ESSERE è una grande opportunità, mi auguro tu possa viverla, senza paura..non accade nulla..semplicemente si è ..se stessi…ultimaente lavoro ocn i disabili ciò che osservo è che loro SONO… non possono fare altro che essere, lì, presenti nel qui e ora. Ho imparato tanto da loro.
Leggendo questo scritto, ho sentito il mio cuore battere forte. E ogni volta che ne sento il movimento, ora finalmente posso gioirne.Perchè queste sono parole che avrei potuto benissimo scrivere io un paio di anni fa…ero arrivata al limite, e il fatto di non concedermi mai di sentire un'emozione, bella o brutta che fosse, mi aveva portato a somatizzazioni estreme, vomitavo continuamente e non sentivo più nè la fame nè la sete. Ero arrivata a perdere 10 kg in due mesi.Purtroppo non sono stata fortunata nemmeno con la psicoterapia, in quanto nemmeno in quella situazione riuscivo a lasciarmi andare.Poi quasi per caso mi sono avvicinata ad una tecnica di respirazione chiamata rebirthing transpersonale. E' due anni che frequento il gruppo ed è da un anno che non vomito più. Piano piano ho cominciato a sentirmi…il mio cuore ha ricominciato a battere e i le mie lacrime, dopo anni e anni chiuse dentro agli occhi, hanno ricominciato a scendere.Tra un mese compio 30 anni e nemmeno io mi sono mai avvicinata tanto ad una persone da poterne sentire il respiro.Se prima però ero rassegnata al fatto che non sarbbe mai accaduto, Ora sento che invece può accadere anche a me.Grazie G. per la tua condivisione, e grazie Ameya per lo spazio che hai dedicato a questo problema.Anna
è giù tanto rendersene conto…
Questa storia la conosco bene…anch'io come questa ragazza provo le stesse sensazioni…non si vive,ci si nasconde,ci si protegge,per paura.
mi ritrovo in diversi punti…
E’ sempre difficile rischiarsi e lasciarsi andare, ci vuole molto esercizio ed un pizzico di coraggio…
@Ciao Chandra…il troppo e il troppo poco non credi si assomiglino?
Ciao Ameya, dopo tanto tempo ho riaperto la pagina del tuo blog. Due anni fa hai pubblicato un mia esperienza…..tu parlavi di anaffettività, caratteristica del partner con cui avevo avuto una relazione. Bè… io faccio parte di quelle persone che amano troppo, esprimono troppo le loro emozioni e attirano relazioni negative, che lasciano frustrazione…….Alla fine mi sento sempre usata. CHANDra
cara G.
un lungo percorso ti attende.. ma provaci, sì prova ad aprire quella porta..
@di solito le persone così vengono percepite come ‘cattive’…
Interessante.
Non lasciarsi andare, temere l’emozione.
Mh.
In questo periodo sono più orso che mai, amo la solitudine e starmene per i cavolacci miei. Direi che sono in fase di misantropia piuttosto energica.
Però, ecco, G. è in un’altra situazione. Lei era selettivamente muta da piccola, non si è lasciata mai andare.
Osservo un po’ stranito, a me mi piace passare da un eccesso all’altro, quella sorta di stare fermi quasi immobili, in mezzo, non lo conosco.
Eppure, così kafkiano, questo sordomutismo emotivo e relazionale, può diventare terribile, un isolamento dal mondo, che non è scelto.
Leggo con attenzione.
…è molto brutto, ti sembra di non vivere, ti sembra che ci sia qualcosa che ti separa dagli altri.
Guardi le persone intorno e ti chiedi come possa essere così facile per loro. Ti chiedi "come si fa?"
E quando provi a proporti ti senti un’incapace.
L’unico modo che ho trovato per sopportare la frustrazione, per ora, è distrarmi e fare / pensare ad altro
malattia?
Ma non può essere una semplice timidezza? Perché creare delle nuove malattie?
Interessante il tuo blog