Cari lettori, ricevo tante lettere, decine al mese. Le leggo tutte con molto interesse, e imparo. Una cosa che mi colpisce dai racconti di chi mi scrive è un lungo resoconto dell’Altro, della persona che fa “soffrire”. Spesso sono donne a scrivermi,anche se non sempre. E le lettere si snodano con un lungo elenco di lamentele che recitano: lui…lui…lui… mentre nulla viene detto di sé.
Questo ancora una volta mi conferma quanto ho appreso in questi anni di osservazione e ascolto di chi ha un problema di relazione con l’Altro. Ci si perde. Non si esiste più, se non in funzione di ciò che dice, fa, pensa l’Altro. L’energia della persona è totalmente rivolta verso l’Altro, come un girasole ruota attorno al sole.
Non si è mai con se stessi, non ci si ascolta cosa si vuole davvero per il proprio benessere, salute fisica e mentale. Pensare a se stessi sembra inutile e noioso. Una perdita di tempo. Spiare, scrutare, controllare, rincorrere, cercare di “avere” l’Altro è invece lo scopo principale dell’esistenza.
Spero che queste poche righe facciano riflettere chi passa di qui.
Buona estate, piena di gioia!
Ameya
ti ho mandato una mail ma non avevo ancora letto questo post. Il 10 settembre è il mio compleanno non potrò esserci da te
Oddio secondo me "dipendere da qualcuno" non è poi così male, chiaro però che l'altro poi deve dipendere da te.
Lo so se questo qualcuno ti abbandona si rischia la paralisi per la disperazione, però credo sia naturale appoggiarsi, in fondo siamo uomini e come tali quasi tutti impauriti e bisognosi di certezze.
Personalmente sto imparando a bastarmi da sola, a concentrarmi sulla mia serenità, cerco di impormi poca dipendenza, però è dura essendo stata abituata per anni ad appoggiarmi.
Ma ci si prova quello si.
@bello…credo che questo siaunsunto di una relazione "sana"
@anonimo #3 e ameya #4
Hai ragione, non c'è molto da dire su un amore maturo e consapevole (sano, come dice l'autrice del blog). Io sto per sposarmi (per entrambi è il secondo matrimonio), perché siamo due persone dalla personalità forte e ben delineata, non abbiamo necessità di un altro purchessia né la scelta è stata determinata da una (comunque presente) attrazione fisica e sessuale…. semplicemente ci siamo resi conto che ciascuno porta all'altro molto valore aggiunto, affettivamente e non solo, nonostante ciascuno di noi stia benissimo anche in singletudine
Un post breve ma incisivo, come tutti i tuoi…
Non è facile raggiungere quello che dici, si deve maturare e provare una forte autostima, affrontare ed affrontarsi con sincerità…
In questo modo forse, sembra perdere la parte poetica e struggente degli amori pieni di passione, e c'è la convinzione che l'amore sia anche sofferenza, e soprattutto, quel completamento per ottenere ciò che non possediamo in noi stessi.
Gli uomini però non possono riempire i vuoti dell'anima, hai ragione. La vita, per poterla vivere, deve scorrerci dentro…perchè in fondo portiamo sempre dietro, in ogni momento noi stessi…e non l'altro…
Un abbraccio
maria
@tutti i dipendenti affettivi risponderebbero così… 🙂 leggiti un po' di cose su qs blog…
Grazie di aver risposto : ) Proverò con Io sono più importante di lui.
Ma posso esser sincera? Il punto è che, istintivamente, mi viene di rispondermi che è più importante lui e che l'unica cosa di cui mi preoccupo è non perderlo. Mi rendo conto di quanto non sia un modo di vedere equilibrato, ma istintivamente sento così.
Buona serata!
Elisa
@Bella domanda Elisa… prova a dirti "sono più importante io di lui" oppure " io sono responsabile della mia felicità" qualcosa del genere…vedi se funziona…
Ciao, Ameya! Ti leggo spesso!
Mi chiedevo se tu avessi un mantra su cui focalizzare l'attenzione, qualcosa da ripetersi quando i pensieri sull'altro diventano troppo opprimenti prima di tutti per noi stessi.
Grazie per ciò che scrivi. Buona giornata!
Elisa
Un amore "sano" uhmmmm, una defizione? uhmmmm, non serve scrivere molto, come si fa a dipingere la luce? Riesce meglio con le nubi :-). Un amore "sano" si fa prestissimo a narrare: entrambi sono felici, creativi, si incontrano, scambiano e ritornano alle loro mansioni. 3 righe… troppo corto? grazie per la sfida…e la partecipazione.
:-))
cara Ameya, prima o poi però bisognerà che tu faccia un post sull'amore "maturo e consapevole", perché a leggere il tuo blog (un irrinunciabile supporto teorico per chiunque voglia capirne di più di affettività e sentimenti) s'impara presto a riconoscere le degenerazioni e le disfunzioni del proprio trascorso, ma per ciò che riguarda la esatta definizione di un amore responsabile – o per lo meno la identificazione delle coordinate di ciò che questo richiede e comporta -, mi sembra non si sia riusciti ad andare oltre la pennellata (non è una critica, sia chiaro, le tue analisi sono preziosissime: consideralo un invito o una sfida, e forse anche una preghiera:-)
(di mio azzardo l'ipotesi che la definizione di questo concetto finisce per risultare un po' nebulosa poiché attiene all'individualità di ognuno di noi, commettiamo errori comuni, ma ciascun cuore addiviene – quando ci riesce – ad una idea di amore sano che è unica e personale!)
un lettore di vecchia data
@Già… 🙂
Hai proprio ragione, per stare bene con gli altri, bisogna star bene prima con se stessi. Un abbraccio.