Ricevo questa mail e la pubblico volentieri:Cara Ameya (mi permetto di darti del tu, come faccio con la mia psicologa), ho trovato per caso il tuo blog cercando siti sulla dipendenza.
Probabilmente leggerai questa mail di ritorno dalle vacanze, bentornata! ^__^
Ho letto il tuo post del 16 agosto in cui descrivi il modo in cui ti scrivono le tue corrispondenti. Allora ho deciso di provare a raccontarti la mia storia in modo diverso (credo, almeno…).
IO sono una ragazza/donna di 32 anni ma ne dimostro molti di meno, in casi estremi (neanche tanto rari a dire il vero) la gente mi chiede se sono maggiorenne. Lasciamo perdere i complimenti che mi fanno tutte le volte (io non mi sento molto fortunata come sostengono loro), questo fatto di sembrare sempre bambina ha condizionato la mia vita: tanto per cominciare le persone non mi danno immediatamente la fiducia che mi spetterebbe in quanto adulta e continuano a trattarmi da bambina… poi ho sempre avuto la tendenza… o trattasi di curiose circostanze (ma noooo…) di frequentare persone più giovani di me che col passare del tempo sono sempre più giovani rispetto a me.
Ecco, forse per l’abitudine al trattamento, io mi sento bambina e voglio stare con persone “bambine”.
Ecco, forse per l’abitudine al trattamento, io mi sento bambina e voglio stare con persone “bambine”.
In questa vita cristallizzata nel tempo io sono incapace di essere indipendente dagli altri. Ho fobie e paranoie di ogni tipo, evito le situazioni di potenziale disagio, ci metto il doppio o triplo del tempo a fare cose che tutti fanno normalmente (con profonde ripercussioni sugli studi e sul lavoro) e generalmente le persone intorno a me manifestano irritazione per la mia lentezza. La cosa assurda è che io in realtà, lontano dagli sguardi, sono una saetta, faccio mille cose insieme e sono estremamente puntigliosa sui dettagli che ricordo sempre perfettamente a memoria. Essere guardata dagli altri mi fa crollare in macerie. Perdo completamente il controllo di me stessa.
Per tale motivo mi sono scoperta essere dipendente dall’approvazione altrui: devono tutti essere soddisfatti di me, devono portarmi in gloria, devo avere la piena ammirazione di tutti altrimenti sento di non valere niente di niente e di non meritare neanche di vivere.
Questa storia va avanti da anni e anni, da quando ero bambina “veramente” (in senso anagrafico) ma non ho mai saputo dell’esistenza delle dipendenze affettive e tutti i vari correlati fino all’età di 27 anni.
E qui comincio a parlare di “loro”, degli uomini con cui ho avuto tragicomiche relazioni.
Sorvolerò i vari fidanzati prima di questo momento della mia vita e ti parlerò direttamente del primo per cui ho avuto il sospetto di essere “malata”.
Ero fidanzata in casa con un ragazzo con cui mi dovevo sposare, una relazione molto canonica fatta di tradizioni e genitori progressivamente invadenti (si facevano i conti del matrimonio) ma entrambi frequentavamo ancora l’università. Un giorno nella mia facoltà un tipo mi fa una velata e incerta corte. All’inizio non me fregava niente ma qualche mese dopo c’è stata una crisi improvvisa con il mio fidanzato e io mi sono trovata perdutamente innamorata del corteggiatore. Così lasciai il mio fidanzato per correre dietro all’altro.
Non ho mai saputo spiegarmi cosa mi piacesse in lui, non era bello, non era ricco, non era neanche troppo simpatico, condividevamo solo l’oggetto dei nostri studi. L’idea di non poterlo “avere” mi gettò per la prima volta nella mia vita in una terrificante crisi di panico (non sapevo neanche cosa fosse, me lo sono dovuto far spiegare dopo) lui aveva già cercato di sfuggirmi perchè non capiva cosa io volessi da lui ma dopo una serie di piagnistei riuscii a fare breccia nel suo senso di pietà e così nacque una relazione.
Andò malissimo: io mi ero talmente sottomessa a lui che non vedevo altro e lui, compiaciuto all’inizio, finì per sentirsi soffocato e si ammalò, arrivando anche a un tentativo di suicidio. Poi certo, in gran parte faceva solo una sceneggiata per farmi sentire in colpa (aveva i suoi problemi di testa anche lui), tuttavia io ne uscii così male da quella storia che mi ci volle un anno dalla psicologa solo per tornare in condizioni decenti. Ero talmente sconvolta dalla perdita della vita che facevamo insieme e della sua presenza che non ragionavo più, sentivo solo dolore, mi comportavo come una stupida nel tentativo di trovare subito un altro uomo con cui rimpiazzarlo. Ma tutti i ragazzi che mi incontravano percepivano che razza di matta fossi e fuggivano subito (magari dopo aver “approfittato” un po’ della mia disponibilità).
Questo episodio per me ha segnato la scoperta ma non la guarigione. Nelle storie seguenti sono sempre partita con l’idea che avrei fatto meglio e non avrei commesso gli stessi errori e invece è ovviamente accaduto l’opposto.
Tutti i ragazzi che ho avuto dopo sono stati più giovani di me. L’ultimo, pochi mesi fa, era più giovane di cinque anni. Eravamo coinquilini nella stessa casa e dopo un mese che ci abitavo mi sono innamorata di lui che non si è tirato indietro e così ne è nata una relazione. Questa storia aveva due facce molto discordanti: da una parte eravamo una perfetta coppia di conviventi, badavamo insieme alla casa, ci occupavamo insieme della spesa, delle bollette, degli ospiti, i sui amici sono diventati i miei amici e tutti ci amavano come una tribù; d’altra parte lui non ha mai voluto pronunciare una parola sulla nostra storia, non ha mai espresso volontà di stare con me o meno, ha lasciato che i fatti accadessero fino in fondo e io ho voluto credere che i fatti contassero più delle parole.
Poi abbiamo perso la casa, io ho dovuto lasciare anche il lavoro che era in crisi finanziaria e sono dovuta tornare a vivere con i miei genitori ma con l’impegno di trovare al più presto un’altro lavoro per tornare a vivere con lui… che invece, appena trovata un’altra casa, non si è più fatto vivo. In seguito a vari sospetti e vari indizi ho scoperto che mentre stava con me intratteneva relazioni anche con altre.
Di nuovo il mondo mi è precipitato addosso. Questa volta però, memore del passato, ho deciso di reagire e cercare di guarirmi consapevolmente.
La spinta per questa decisione è stata l’amara scoperta che anche i miei amici, tutto il branco di cui mi ero circondata, si sentivano soffocati da me e io non me ne ero resa conto neanche per un attimo. Con gli altri giocavo a fare la mamma, cucinavo per tutti, sistemavo la casa, anche quando ero ospite, intrattenevo discorsi impegnativi e dispensavo la mia saggezza di “donna adulta” verso dei giovani ragazzi (quasi tutti maschi, comunque con le ragazze non sono mai stata molto amica).
Credevo di piacere a tutti, credevo di rappresentare un modello di donna che loro sognavano perchè si lamentavano continuamente di quanto odiano le donne e i loro comportamenti tradizionali (shopping, frivolezza, pretese nei rapporti, ecc) mentre io non ero così: io mi comportavo come un uomo, parlavo come un uomo, non pretendevo niente da nessuno, nemmeno dal ragazzo con cui stavo… almeno a parole.
Quando, disperata per la perdita del mio amore, ho assillato un amico comune chiedendo cosa sembrassi io vista dall’esterno, lui mi ha risposto “sembri una che ha bisogno”. Quelle parole sono state il macigno più pesante ma anche quello che mi ha fatto meditare molto su me stessa.
Da allora sono alle prese con la mia “ricostruzione”, è poco tempo che sono all’opera e non so dire neanche se sto seguendo la strada giusta. Ho letto un po’ di libri e articoli sull’autostima, sulle dipendenze affettive, sulle fobie sociali. Cerco di applicare quello che consigliano ma ci sono molte cose che per me sono prive di senso e non so come realizzarle.
Io non so minimamente, neanche per ipotesi, cosa significhi “amare me stessa”. Io con me stessa mi annoio, non ho niente da scoprire nè niente da far scoprire. Che si fa per amare se stessi? Ci si autoregala fiori e cioccolatini? Si va al cinema da soli a vedere film romantici? Si va al ristorante da soli? Potrei anche farle tutte queste cose ma mi sentirei molto stupida e comunque non appagata.
Eppure tutti parlano di amare se stessi, ci deve essere da qualche parte il significato di questa cosa che io potrei anche capire!
Vedi Ameya, io mi accorgo dell’assurdità di tutto quello che faccio e che penso (e non mi dilungo a descrivere la sterminata quantità di pensieri assurdi che mi martellano la testa ogni giorno) ma ciò non mi aiuta ad uscire dal circolo di autodistruzione, non so qual’è il passo successivo, non so come scavalcare/aggirare/abbattere il muro, semplicemente resto sulla soglia della mia follia aspettando l’occasione giusta per rituffarmici.
Ma io non voglio. Voglio essere una persona in grado di stabilire relazioni sane e armoniose con tutti, voglio vivere senza desiderare ossessivamente l’amore di un uomo, voglio capire in che consista amare me stessa e riuscire anche a farlo.
Non so se questa mail possa in qualche modo tornare utile anche ad altre persone, nei libri sulle dipendenze affettive si parla sempre di condividere esperienze perchè un’ottima terapia sarebbe quella di conoscere le vicende altrui. Ma non so quanto è vero. In ogni caso sentiti libera di pubblicare questa mail se lo ritieni utile.
Spero di trovare le risposte che cerco e lo auguro a tutti coloro che sono nella mia stessa situazione.
Un abbraccio
Estia
Per quanto riguarda la mia esperienza, nella prima fase in cui ho riconosciuto i problemi di cui avete parlato, tendevo ancora molto a giudicarmi negativamente. Del tipo: "aiuto quanti errori faccio – sono pazza – sono debole – mi faccio schifo – devo assolutamente cambiare" ecc ecc
Penso che la fase successiva che mi ha fatto avanzare, sia stata quella di iniziare a guardarmi con indulgenza e comprensione: "se mi comporto così c'è un motivo – se sono debole è perchè qualcosa mi è mancato – anche gli altri hanno difetti, come me, eppure sono anche amabili".
Piano piano è arrivata l'accettazione e la curiosità di quante cose venivano fuori durante il cammino.
Per me è stato fondamentale frequentare un gruppo di terapia, presso un SERD: le mie compagne di gruppo sono partner di tossicodipendenti e ho scoperto di avere tanto in comune con loro.
Durante gli incontri vedo quanto le altre (ognuna di loro!) siano bellissime e amabili. E se lo sono loro, che hanno i miei stessi problemi, lo sono anche io!
Un abbraccio a tutte,
Giuli
Leggevo un articolo interessante su un giornale frivolo…
Più o mneo l'argomento era questo che si sta trattando.
Un modo sbagliato di amare e porsi.
La cosa che mi ha fatto davvero sorridere è che anche dare troppo crea difficoltà relazionali perchè mette l'altro nella condizione di sentirsi a disagio…
Mi chiedo allora quale sia il vero equilibrio…
La sobrietà si conquista giorno dopo giorno, maturando e imparando da ogni esperienza e conoscendo se stessi.
E' un lavoro che continua tutta la vita…
Un abbraccio
maria
@in modo egregio Titania…
…a distanza di qualche ora ho riflettuto ancora e penso di aver scordato la cosa più importante, ritengo che la mia guarigione sia iniziata dopo l'essermi resa conto che è impossiblie che qualcun altro possa "occuparsi" di me in maniera così totale, così fusionale, quando mi fermo a rifletterci su mi dico che probabilemnte se qualcuno mi chiedesse l' impegno così gravoso che io dipendente affettiva riverso su un'altra persona, probailmente scapperei io stessa, …se magari già non l'ho fatto!!! E' una richiesta sovraumana, che non si può fare a nessuno, anche perchè il tutto non sarebbe comunque mai abbastanza e io conosco bene questa tremenda sensazione di non essere mai abbastanza accudita. Sento che, ogni volta di più, questa riflessione mi allontana dal mio piccolo "delirio" di farmi "risolvere" dall'esterno. Spero di essermi spiegata. Grazie ancora Titania
…caspita potrei aver scritto io l'ultima parte della lettera…sono le stesse questioni che mi pongo io e guarda caso queste questioni sono venute dopo la presa di coscienza di avere problemi di dipendenza affettiva. Che si tratti della fase due??? comunque parlare di come arrivare al punto da sentirsi bene con se stessi non fa mai male, anzi ripetere e sentire le altre esperienze di chi ce l'ha fatta mi sembra ottimo, comunque per la mia esperienza posso dire che si tratta di alti e bassi, ogni tanto anche molto pronunciati soprattutto i bassi, ma in fin dei conti il percorso ha inizio quando prendi coscienza che sei dipendente e che hai bisogno di spostare la'ttenzione da l'latro a te. Si tratta proprio di energia secondo me , utilizzare l'energia che spendiamo per farci amare dall'altro, per noi stessi e qui ognuno può aprire un percorso personale. Consapevolezza di stare dedicandosi all'altro e portare questa enorme forza su di noi. Amerei tanto sentire come facciano gli altri utenti a percorrere questa strada o come abbiano fatto. Io con le sedute da una couselling, con tante benefiche letture, seguendo questo blog, e restando più che posso nel presente. Voi?? Grazie Titania
Proprio in questi giorni sono arrivata a queste considerazioni:
1)Se mi piacciono e piaccio a ragazzi più giovani di me, probabilmente è perchè sembro e sono effettivamente più piccola rispetto all'età anagrafica.
2)Non ho bisogno di nient'altro se non di me stessa.
F.D.T.