E’ POCO

sabbia%20tra%20le%20dita
Arriva un momento nella relazione in cui uno dei due partner chiede “di più”. Più presenza, più attenzioni, più tempo, più continuità. L’altro si sente investito da una richiesta più o meno esplicita di quantificare la sua disponibilità, il suo interesse, il suo amore, e tradurlo in quanti minuti, ore, giorni, numero di carezze, di parole dolci, di rapporti sessuali, telefonate, messaggi dedicati al partner.


Se questa quantificazione non avviene nei modi e tempi richiesti, il richiedente lamenta trascuratezza, ipotizza disinteresse, si sente abbandonato, non visto, poco apprezzato o scarsamente riconosciuto. Così la relazione viene vissuta con l’ottica del bicchiere mezzo vuoto. “Lui non risponde al mio bisogno di continuità”, “Lui si allontana e ha bisogno di spazi e tempi e io non capisco”, “Se lui non mi cerca e non ci vediamo con regolarità io mi raffreddo”, “Lei è sempre frettolosa, poco calda, non ha mai voglia di fare sesso”, “Lui nei week end preferisce starsene a casa, anche se sa che poi non ci vedremo per quindici giorni”. La domanda allora sorge spontanea: perché lo/la vuoi? Perché se non sono soddisfatti i tuoi bisogni, non interrompi la relazione?
La risposta è sempre la stessa, “Perché mi piace stare con lui/lei, ci sto bene, lo/la amo.” Frasi di questo tipo devono portare a fare una riflessione più profonda. C’è a monte un assunto di base, un’idea, un ideale di relazione che è stereotipata, scontata. La relazione deve essere come voglio e dico io, secondo un mio modello prestabilito, ereditato, socialmente e culturalmente condiviso. Se così non è, si sprofonda in un abisso di infelicità, di scomodità e lamenti. Questo perché il punto di partenza con cui ci si approccia a una relazione è falsato da una credenza erronea: si suppone che l’altro debba soddisfare un bisogno primario, che in realtà è una funzione svolta dai genitori. Chiedere genitorialità al partner porta in partenza a una frustrazione. L’altro si sentirà investito di un ruolo in cui si sente prosciugare, non adeguato, e avvertirà la stessa scomodità che non lo porterà a dare più disponibilità, ma creerà fuga, ritiro emotivo, distanza evitante. Andare verso l’altro chiedendo, quantificando, nei casi più disperati, elemosinando non avvicinerà il partner. Ogni relazione è sì costantemente negoziata, discussa, contestata, ma nei limiti di una reciprocità. Chiedere tempo condiviso quando l’altro vuole spazio per sé, crea conflitto, non vicinanza. C’è uno spazio dove è possibile giostrare la relazione, ma non nella quantità. Di fronte a un atteggiamento ritroso di uno dei due, l’altro può solo prenderne atto e tornare a se stesso. Invece di accusare, riflettere. Assecondare i tempi lascia l’altro in uno spazio di libertà che, nell’ambito di una relazione amorosa vera, porta gratitudine, non spaventa, e crea un buffer, cioè una zona di tamponamento emotivo che permette di mantenere una distanza ottimale. Molte persone sono spaventate dalle relazioni. La paura di annullarsi, di perdere se stessi pur amando l’altro, porta a un comportamento evitante che spesso non viene compreso dall’altro, che lo legge come rifiuto. In realtà chi si allontana non lo fa ‘contro’ l’altro, lo fa perché non riesce a mantenere costante la fusionalità. Se il partner riesce a vivere con autonomia i momenti di distacco, allora il ricongiungimento sarà piacevole, nutriente e la coppia può funzionare, nell’accoglienza dell’altro per quello che è. Se uno dei due si aggrappa, mentre l’altro si allontana, la coppia vivrà un conflitto doloroso e irrisolvibile. Se invece si è in grado di apprezzare quanto viene scambiato per quello che è, senza calcoli, ci potrà essere una nuova configurazione relazionale basata sulla libertà. La mente umana tuttavia ama avere certezze, previsioni, garanzie. Nel rapporto di coppia la provvisorietà è sempre sottintesa, ma è spesso dimenticata. Si vuole la garanzia che l’altro ci sarà sempre, con le modalità e le quantità da noi richieste. In realtà spesso chi dice “è poco”, per primo non riconosce l’altro e quanto egli, nei modi e tempi, dà di se stesso. Spesso chi si deve allontanare vive con intensità il rapporto, e tale intensità lo spaventa, per una acerba capacità relazionale, che tuttavia non si può forzare o pretendere, e che ha origini lontane, quanto il bisogno del richiedente. Fare un passo indietro e osservarsi è utile. Riflettere sul fatto che non esiste un modello unico di relazione, quello della relazione perfetta a ideale, riuscire a vedere il buono che c’è, saper cogliere ogni istante come uno dono porta a un rilassamento interiore che permette di crescere. Altrimenti, piuttosto che cadere nella trappola di voler l’altro diverso da come è, e dal volerlo cambiare, occorre avere il coraggio di interrompere la relazione. Grati, in ogni caso, per quanto si è appreso.Tenete le mani aperte, tutta la sabbia del deserto passerà nelle vostre mani. Chiudete le mani, non otterrete che qualche granello di sabbia. (Dogen, maestro Zen)
Ameya G. Canovi

68 commenti su “E’ POCO”

  1. Ci si sente sbagliati perché dentro non abbiamo un luogo sicuro a cui attingere. E quindi si cerca fuori, mancando di assumersi la propria responsabilità per se stessi. Il viaggio è solo questo a mo avviso. Il come lo scopri durante. Tanti auguri!

  2. scusa mi correggo una delle cause.. poi volevo chiarire meglio la domanda, pensi che sia una situazione che con l’impegno si possa superare? mi sento in due anni già d’aver fatto tanto, pero’ vorrei riuscire ad attivare un processo di equiibrio, di crescita continua di pensiero critico, piuttosto che di meta.. ho una dipendenza credo dal giudizio degli altri vorrei riuscire a definire quel sottile equilibrio che c’è fra il rispettare gli altri e vivere pacificamente e lo stare male per gli altri, sostituirmi a loro nel risolvere i problemi, insomma cerco un po’ il bandolo della matassa.. grazie per l’attenzione e in bocca al lupo per tutto cio’ che fai buona giornata 😉

  3. Molte grazie ho letto e complimenti mi sembra tu abbia fatto proprio un bel percorso! Cmq personalmente leggo i tuoi blog perchè sono in una situazione del genere, con le varie sfumature ovvio, e chissà magari posso cogliere consigli utili da chi ha passato tutto cio’ prima di me.. quindi ancora grazie.. il mio psicoterapeuta parla di una simbiosi con mia madre come causa della mia dipendenza, è come se il mio stare bene con me stesso mi portasse tristezza per paura di nuocere a qualcuno.. cosa ne pensi? in particolare spesso quando sto bene con me stesso provo paura.. grazie e buona giornata 😉

  4. Ciao innanzitutto complimenti.. ma sei stata in analisi o sei una psicologa? poi volevo dire che molte persone non sono in grado di riconoscere tutto cio’ che tu scrivi, io ad esempio ho compreso la mia dipendenza affettiva in analisi superando molte difficoltà, pero’ volevo solo dire che la molla deve scattare in noi stessi, possiamo tirare per un braccio una persona quanto vogliamo ma non otterremo mai niente di autentico.. e cio’ perchè queste persone non vogliono cambiare o stanno bene nelle propria condizioni che va rispettata o non sono capaci di andare in contro ai loro problemi da soli essendo stati sempre dipendenti ene hanno una grossa paura.. almeno a me è successo cosi’.. cmq per concludere la vita va apprezzata e per farlo bisogna amarsi tanto perchè solo quando siamo veramente bene noi stessi possiamo dare qualcosa senza chiedere nulla in cambio, solo per il piacere di vedere altri felici

  5. Quello che posso dire è che la coppia non funziona per sempre a meno di grandi sacrifici ed altruismo spinto.
    Non c’è una formula adatta a tutti per vivere sempre da innammorati, per i morti di fame poi si rischia inutilmente di creare dolore ed angosce in coloro che per alcuni anni erano i loro cari.
    A volte i soldi risolvono, perchè uno può decidere in qualsiasi momento di cambiar partner tutte le volte che lo ritiene necessario alla sua stabilità mentale senza necessità di creare dolore

  6. Ma che coincidenza…. Proprio domani ho un secondo ed ultimo incontro per chiarificare e mettere fine al nostro rapporto. Lui, separato in casa, io separata. Dopo un anno e mezzo, da circa un mese, raggiungo l’estasi… cioè quello stato in cui riconosco prima di tutto me stessa come individuo che deve realizzarsi a prescindere e che riconosce in lui fonte di amore e di "compagnia", cioè quel non farti sentire da sola mai, anche se con un mozzico di rapporto con il quale non passerai mai un capodanno o non avrai tempo di far conoscere ai tuoi amici, perchè quei pochi momenti che passi con lui sono esclusivi e non te ne importa di poterli spendere con altre persone… Ebbene, da quando ho raggiunto questa grazia, mi sono organizzata ed ho anche imparato ad andare al cinema da sola… lui entra in crisi e non ha la forza neanche più di reagire e fare un piccolo passo. Ed io… sono delusa e vedo il tutto sotto un altro profilo: io ho accettato e mi adatto  e mi rivaluto e rivaluto anche le circostanze perchè lui, in quei pochi momenti, mi fa sentire la donna più felice della terra… e nel momento in cui ci credo, lui entra in crisi… perchè?

  7. @Adriana leggi su questo blog Hybris, lo trovi nei tags qui a fianco, chi si aggrappa a qualcuno di anaffettivo vuole aggiustare un passato pieno di dolore, e in questo c’è ingenuità.. Però se sei così convinta delle tue idee farai fatica a non ripetere il tutto..per guarire da questa modalità affettiva bisogna cambiare idea…

  8. Me l’hanno spiegato, in parte, non so se sia proprio così:
    Voglio rifarmi delle perdite degli abbandoni delle mancanze d’amore subite da bambina, una sfida sempre ripetuta con situazioni impossibili per vedere se questa volta vinco o per confermare la sconfitta.
    In breve: a 8 anni sono stata sradicata dalla mia città; a 10 è morta mia nonna; mia zia (la "vera" madre) ha avuto un figlio suo; mio padre e mia madre infelici e scontenti, la bambina carina è diventata un’adolescente bruttina e timida; mio padre non mi apprezzava, io pensavo che dovesse liberarsi di mia madre che era "cattiva" (con problemi via via più gravi, finché si è suicidata (io avevo già 40 anni e mia figlia). Non ho superato tutto questo e non credo ce la farò più.
    Adriana

  9. @Adriana non trovi strano il ripetersi del copione? credi sia a causa del fato? Sfortuna? Che gli uomini siano tutti mascalzoni? O che tu sia brutta cattiva o indegna di amore?
    Non trovi strano che accada sempre la stessa storia?
    Come ti spieghi questo?

  10. Questa è splendida!!!  pensa, se fosse vero!!!!!!!!!!!!

    Quando saremo due saremo veglia e sonno
    affonderemo nella stessa polpa
    come il dente di latte e il suo secondo,
    saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
    come i cieli, del giorno e della notte,
    due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
    come i tempi del battito
    i colpi del respiro.
    Quando saremo due non avremo metà
    saremo un due che non si può dividere con niente.
    Quando saremo due, nessuno sarà uno,
    uno sarà l’uguale di nessuno
    e l’unità consisterà nel due.
    Quando saremo due
    cambierà nome pure l’universo
    diventerà diverso.
    Erri De Luca.

  11. Alla fine sò che qualche granellino resterà!!!
    Grazie Ameya per esserci sempre con i tuoi post molto interessanti che fanno davvero riflettere*… Di solito, ciò che definiamo amore nn è vero amore: chiediamo, pretendiamo. L’amore comune è una sorta di mendicare:" Dammi, dammi di più".(Osho)
    Tutto bene come sempre… grazie a Dio*
    Baci a tutti e a presto risentirci*__*

  12. Il momento peggiore della mia giornata è il risveglio: apro gli occhi e subito ricordo che lui non c’è più, non mi vuole più, mi ha abbandonato. Sento la consueta morsa che mi stringe il cuore e lo stomaco, le prime lacrime della giornata si affacciano agli occhi.
    Eppure ci sono passata tante (troppe volte) e so già che prima o poi passerà: una nuova storia si presenterà all’orizzonte e io di nuovo vorrò illudermi che sia la volta buona. Ma questa volta ho troppa paura: so che sarebbe bene passare un periodo da sola, cercare di cambiare me stessa, imparare, come dicono, a volermi bene: ma non so come si fa, non ne sono capace.
    L’alternativa è, a questo punto, un futuro senza amore, una vita spenta, senza speranze oppure ripetere copioni già vissuti, un breve periodo in cui mi sento viva, l’entusiasmo, la passione e poi lo scontato, tragico finale. A volte penso che vorrei morire, anche se so che non è vero.
    Adriana

  13. ho sempre avuto questo problema
    ed ho sempre cercato invano di cambiare lei 
    una pura follia
    pensare dicambiare l’altro
    sempre saputa sta cosa
    ma impossibile non provarci
    l’alternativa ?
    la separazione 
    lei non ne vuol sapere
    okay
    ora io vado per conto mio
    cerco la mia strada 
    tu stai a fare la mamma 
    non la moglie
    io ho BISOGNO di aria
    mi manca l’ARIA
    ora ho trovato il coraggio di
    uscire da solo  
    le conseguenze
    non lo so ..

  14. appunto.
    la persona giusta è quella che ami, perchè è lei e nessun altro. La persona giusta è quella che incrocia il tuo cammino nel momento giusto del tuo cammino.

    non credo nel destino, credo solo nel coraggio di amare.

    se stessi, prima di tutto.

  15. …ma tolleranza, empatia, pazienza hanno ancora una loro logica oppure, adesso, tutto si riduce ad una ricerca della "persona giusta", in grado di soddisfare ogni esigenza?

    O.

  16.  Amanti

    Poiché tutto è una bugia 
    una splendida notte buia 
    la faccia mia e quella tua 
    dall’altra parte della luna 
    c’è sempre qualcuno 
    che ci aspetta 
    un dio, un blasfemo, 
    un povero cristo, 
    uomo o donna vera che sia 
    e tra una lacrima 
    ed un sorriso 
    troverà sempre il tempo 
    per ringraziarti 
    con le sue parole migliori 
    quelle della sera 
    e quelle della mattina 
    di quanto fosse stata 
    così scema o 
    sfrontatamente balorda 
    a non chiederti 
    nemmeno un bacio 
    salvo poi di trovartela 
    fra le gambe 
    ed implorare un nome 
    quanto più vicino 
    al suo per spiccare il volo 
    dall’ultimo piano 
    del palazzo più alto 
    della città 
    per ricadere sulla sabbia 
    bianca di fronte al mare 
    urlante con le sue onde 
    più alte così generose 
    nell’accogliere 
    tutti gli amanti. 

  17. Ameya : ho parlato di chiedere? No ho parlato di comunicare uno stato d’animo e di bisogno. Il fatto che non abbia citato il passaggio del non chiedere non significa che l’ho saltato ma che semplicemente non l’ho considerato in quanto è l’unico passo che non bisogna fare. Ed io sono abituata a concentrarmi sulle soluzioni effettive. Una volta che alla richiesta di un mio consiglio su cosa fare, una persona mi dice di non fare una cosa, non ha risposto alla mia domanda. sono domande che però dobbiamo saperci porre da soli. allenando noi stessi a sapercela fare da soli.

    Uno stato d’animo e di bisogno che necessariamente la cui consapevolezza è stata dovuta ad una presa di coscienza personale, un autoanalisi, una riflessione, spesso dolorosa, difficile.

    sull’altro non abbiamo potere. abbiamo solo potere solo su noi stessi e purtroppo la dipendenza affettiva è qualcosa che solo noi possiamo curare. Non può curarla nessun’altro. son cose che riguardano esclusivamente noi stessi.

    Possiamo parlarne, chiedere consiglio, al nostro partner come ad un amico o lo psicoterapeuta ma il lavoro su noi stessi siamo noi che dobbiamo farlo. Siamo noi che se vogliamo stare bene dobbiamo volerlo fare. e riguarda ogni aspetto della nostra persona della nostra vita passata, della nostra vita presente e della nostra vita futura.

  18. @G anche a te è sfuggito il passaggio fondamentale
    non posso chiedere all’altro di soddisfare i MIEI bisogni, posso comunicare ilmio disagio, ma se aspetto e sto lì a aspettare che LUI soddisfi i miei bisogni ho proprio firmato il contratto con l’infelicità. se l’altro soddisfa i miei bisogni lo fa indirettamente, non perchè glielo chiedo o lo pretendo. è chiaro?

  19. dimenticavo: trovo che la paura e la difficoltà nell’affrontare noi stessi dia l’esatta nozione della profondità del nostro disagio.

    Le difficoltà ci sono sempre. E’ la paura di guardarsi dentro ed ascoltarsi davvero che costituisce la discriminante tra una persona sana ed una persona malata.

  20. …se alla base c’è la contabilità del sentimento..: OIBO’.
    Credo che toccherebbe accettare l’altro così com’è e non come vorremmo fosse, se la scelta immediata avvine sotto l’effetto della "nebulosa" che l’innamoramento produce, dove tutto è bello e i difetti ( anche quelli che fino ad ieri condannavamo) appaiono virtù….aspettiamoci pure il tracollo. 

  21. mi trovo parzialmente d’accordo con la strega sinuosa e parzialmente con ameya.
    nel senso:
    una persona sana fa bene, pur soffrendo ad allontanarsi da una relazione che non gli da ciò che vuole. ma qui il ricevere ciò che si vuole ha  una connotazione abbastanza profonda. e quando ci si rende conto che qualcosa ci manca la crisi è così avanzata e profonda che difficilmente si riesce a porvi rimedio. Ma quante persone sono perfettamente sane? quante perfettamente indipendenti? Nessuno.
    Se invece è una cosa passeggera penso che una persona di buon senso comprende che come tutti ogni persona ha i suoi momenti e periodi no e forse converrebbe fare un passo indietro dal proprio egoismo ed egotismo e chiedersi se si è riusciti a comunicare efficacemente al proprio partner i propri bisogni.

    Se poi questo partner non ascolta, si vede chiaramente che ci tratta come cretini dandoci ragione ( a me è successo e vi assicuro che quando ho aperto gli occhi è stato abbastanza umiliante) ma poi continua per la sua strada allora si che è meglio cambiare strada. Anche se questa persona un tempo era diversa e per qualche motivo ha rinunciato al dialogo con noi, a condividersi. E’ mancata la fiducia.

    La persona invece affetta da dipendenza affettiva ed emotiva dal partner secondo me se si allontana (ovviamente in caso si evincesse da parte sua una deliberata crudeltà e violenza fisicae/o psicologica ma questo è già più raro ed anche le persone più consapevoli e sicure di loro stesse potrebbero cascarci) fugge da un problema rimandandolo a data da destinarsi ovvero con il prossimo partner al quale si aggrapperà in maniera morbosa ed ossessiva.

    Ci ho riflettuto molto su sta cosa ultimamente e sai cosa ho deciso?
    ho deciso di rimanere ma di sospendere il giudizio occupandomi innanzi tutto di me stessa.

    Ma non scappo perchè non affrontare nell’hic et nunc questo problema, guardandomi dentro, osservando le mie reazioni emotive e cercando di comprendere perchè ho queste reazioni e non altre, e da dove vengono, e perchè –  è un occasione che non posso e non devo sprecare se voglio davvero guarire.

    Mi trovo immersa in un problema che ho con me stessa e che solo io posso risolvere ed è bene affrontarlo subito, unendo alla teoria (le sedute dallo psicoterapeuta, i compitini che mi da e le mie riflessioni) alla pratica: osservare senza giudicare, analizzare. Accettarmi per quella che sono nel bene e nel male e quando realizzo che qualcosa non va chiedermi perchè e cercare una soluzione attiva, nell’imparare a fare.

    sto riprogrammando dentro di me la risposta emozionale a determinate situazioni che generano tutti i sintomi della mia dipendenza affettiva.  Rabbia paura e disgusto, gioia, sorpresa, tristezza. le vivo e le analizzo, imparo ad ascoltare me stessa.

  22. @Sinuosa non sono d’accordo. Per mia esperienza sono poche le persone che lasciano la relazione con leggerezza. Molti di più quelli che restano aggrappati all’altro sperando che egli cambi, e diventi come  vuole chi chiede e cerca di cambiarlo. il punto qui non è interrompere, quello è il finale di una relazione chenon ha soddisfatto. se rileggi con attenzione, il punto è cogli ciò che di buono c’è. se riesci, se no, invece di mendicare, urlare, stravolgere l’altro, sii onesto e allontanati. non è una incitazione a lasciar eil partner, quanto a riconoscere ciò che c’è..

  23. Cara Ameya, seguo abbastanza frequentemente il tuo blog che trovo interessante anche se finora non sono mai intervenuta .
    Questo post credo metta in luce un problema comune a molte coppie che, a un certo punto, per i motivi più disparati, cominciano ad essere sbilanciate sulle risposte ai bisogni individuali. Tralasciando il discorso "dipendenza affettiva" da un partner frustrante, penso che dire "se non ti va bene quello che il partner ti offre allora lascialo" sia abbastanza riduttivo e fuorviante. E’ forse questa facilità alla fuga una delle ragioni per cui assistiamo a innumerevoli separazioni, migrazioni continue da un partner all’altro, sopravvalutazione del sè rispetto all’altro e in particolare alle esigenze di eventuali figli.
    Spesso vediamo dai fatti che le problematiche personali sussistono anche  a seguito dell’avvio di nuovi rapporti o di altri generi di compromesso, come le relazioni con partner "completativi", ecc.. Non di rado si va alla ricerca di espedienti per colmare una sorta di vuoto esistenziale che ha radici nelle individualità più che nella coppia; ciascuno si ripiega su se stesso e comincia così la competizione sui bisogni in un circuito molto difficile da interrompere, spesso dispersivo e sfibrante.
    Non ci sono regole, come quasi sempre nei problemi di vita, e figuriamoci suggerire un "se non ti sta bene quel compagno cambialo". Forse sarebbe bene aiutare la coppia a riscoprire un sentimento più compassionevole della vita, dove si possa guardare ai bisogni individuali, agli errori  e ai limiti con un senso di umana comprensione. So bene quanto sia difficile, ma è una delle poche vie per non trovarsi ciclicamente a dover cambiare compagno o a subire distacchi e perdite, facendo ricadere i propri problemi sulla pelle dei figli.
    Ciao e grazie per gli spunti di riflessione.
    S.

  24. Sono un po’ stanco, ora, ameya, sgobbato di brutto oggi.
    In poche parole: l’amore non può prescindere dalla libertà e questa richede, nelle due persone, una dualità di ruoli. Concederla e viverla. Io ho limiti notevoli e la libertà, supposto che mi sia concessa dalla coppia, non riesco? non sono riuscito? a viverla.

  25. @Utente anonimo mi confermi che la percezione degli eventi cose e persone sono molto soggettive. Non avevo capito le moine di AMan, l’ho invitato perché so quanto conflittuale era/è? la sua relazione e quanto egli volesse che LEI fosse diverse, e quanto d’altro lato lei volesse che LUI fosse diverso, e nessuno dei due è cambiato per l’altro, anzi! Quando uno tira in un senso e l’altro nell’altro si innesca la guerra…non c’è accoglienza, nè accettazione. Mi sembra che lui torni sempre sul dielmma se allora seguire le proprie pulsioni da soli. Se l’altro non ne vuole sapere non si potrà convincerlo a essere, sentire e fare quello che vuoi tu…così la penso…AMan ha una mente che stimo, lo reputo intelligente e colto. Altro non so, non so da cosa sia dipendente lui, ho già le mie dipendenze su cui riflettere 🙂 grazie comunque per l’apprezzamento