UNA FAME SENZA FINE

BINGE EATING DISORDER
OVVERO IPERFAGIA, LA PATOLOGIA DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA
 
obesa[1]

Binge eating disorder

Tra le patologie alimentari più note e studiate oggigiorno vi sono soprattutto Anoressia e Bulimia, e relative sottospecie.

Tuttavia altre patologie meno eclatanti ma altrettanto invalidanti possono essere annoverate tra i disturbi alimentari.
Il soggetto Binge, colui che si abbuffa regolarmente in modo compulsivo e incontrollato appare come la classica persona obesa, o notevolmente sovrappeso. Si parla di un IBM (indice di massa corporea superiore a 30%). A questi soggetti vengono suggerite diete e protocolli dimagranti, ma il problema è di origine psicogena.
Il Binge compie vere e proprie orge (in inglese binge) alimentari, spesso consumate in solitaria, ingerendo quantità caloriche eccessive.
Queste abbuffate seguono un ordine, un rituale ben preciso che, pur avendo sfumature individuali, seguono un copione piuttosto comune:
– prima della crisi vi è quasi sempre un’ emozione o stato d’animo scatenante (un dispiacere, una discussione, un senso di inutilità improvviso)
-l’abbuffata avviene solitamente fuori pasto
-il cibo viene ingurgitato rapidamente, senza nemmeno venir assaporato, e la sensazione fisica è di estrema pienezza, “da scoppiare”.
-non vi sono MAI condotte eliminatorie ( a differenze della Bulimia) , come vomito autoindotto o iper attività
-lo stato emotivo successivo all’abbuffata è un torpore diffuso, una perdita di contatto con la realtà fino ad avere veri e propri episodi dissociativi, dove il soggetto si vede dall’esterno mentre mangia, come anestetizzato dal rituale e dalle calorie ingerite.
-disgusto, senso di colpa e vergogna subentrano altrettanto rapidamente, con conseguente ricaduta sull’autostima della persona che si disprezza ancora di più.
Nel B.E.D è possibile riscontrare una eziologia multifattoriale.
A livello socio-culturale esso è in linea con una distorsione della immagine corporea, da un lato il corpo perfetto proposto dai media viene così auto-negato. Dall’altro , allontanandosi così tanto dai canoni estetici moderni, il Binge si punisce pubblicamente. Esibisce e urla attraverso il proprio corpo svilito e camuffato dal grasso il disagio interiore che l’ha causato.
Egli indossa la propria corazza di adipe per nascondersi, per celare e negarsi emozioni che restano congelate ed inespresse, seppellite sotto un sovvrapeso di 30, 40 kili di dolore.
Il cibo è un mezzo, viene utilizzato come anestetico, come unno pscicofarmaco.
Il Disturbo da Alimentazione incontrollata insorge relativamente tardi, nell’età adulta, 30 35 anni. Si può manifestare dopo un fallimento relazionale, o una crisi di identitaria. Può nascere da un confronto sul luogo di lavoro, e ha alla base un senso di fallimento profondo.
La persona sente e crede di non valere. Le radici di questa radicata convinzione risalgono all’infanzia. Spesso , dopo un percorso di psicoterapia, emerge una storia di abusi o violenze, fisiche o psicologiche. Da un’analisi sistemica si riscontra che la disconferma del proprio valore era pratica frequente, la madre distratta, perseguiva dettagli superficiali e no accudiva e nutriva i bisogni del futuro binge. Il padre era percepito “distante”, o severo, o violento verbalmente o nei casi più gravi, fisicamente.
Il rapporto col cibo serve a compensare un nutrimento vero e “sano” mai avvenuto.
Spesso tali soggetti hanno grosse difficoltà relazionali, a stabilire confini sani, e riproducono la caratteristica invischiante del clima della famiglia di origine. Essi si gettano nelle relazioni con modalità possessive e fagocitanti, possono diventare morbosi, convinti di poter mai essere abbastanza amati, mai sazi di affetto, come mai sazi di cibo.
Finiscono così per collezionare una serie di fallimenti relazionali che li getta di nuovo nel circolo vizioso.
Spesso però questi soggetti hanno doti e qualità che li fanno distinguere per sensibilità calore e affidabilità. Queste persone vengono molto più apprezzate dagli altri che da se stesse.
Il processo terapeutico è lungo , caratterizzato da forte ambivalenza. Il soggetto Binge da un lato vorrebbe liberasi della propria corazza ed uscire come una leggera e bella crisalide dal suo bozzolo. Dall’altro egli in primis boicotta regolarmente ogni progresso (sono i tipici soggetti yo-yo, fanno una dieta, perdono 25 kili per poi recuperarne 3° in breve tempo). La paura è la condizione cronica del paziente. Spesso vi è una comorbilità fobica (claustrofobia, bisogno di controllare ogni dettaglio, paradossalmente ipocondria ), come in ogni disturbo che si manifesta nel rapporto con cibo è il rapporto col CONTROLLO la vera patologia. Nell’anoressia viene esercitato in modo parossistico, nella bulimia viene perso ma poi recuperato attraverso pratiche distruttive ma compensatorie, nel Binge viene irrimediabilmente perso.
Come in ogni patologia da dipendenza , il soggetto ha bisogno di prendere da FUORI qualcosa, nel tossico c’è la sostanza, nell’alcolista l’alcol nel dipendente affettivo c’è l’altro, del disturbo del comportamento alimentare è il cibo usato come “droga”.
La terapia deve aiutare il soggetto a divenire UNO, diventando genitore nutriente di se stesso.  
Criteri diagnostici per il Disturbo da Alimentazione Incontrollata o Binge Eating Disorder (BED) (DSM IV, manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali )
1. Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive. Un’abbuffata compulsiva è definita dai due caratteri seguenti (entrambi necessari).
a. Mangiare,in un periodo di tempo circoscritto (per esempio nell’arco di due ore), una quantità di cibo che è indiscutibilmente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo in circostanze simili.
b. Senso di mancanza di controllo sull’atto di mangiare durante l’episodio (per esempio sentire di non poter smettere di mangiare o di non poter controllare cosa o quanto si sta mangiando).
2. Gli episodi di abbuffate compulsive sono associati ad almeno tre dei seguenti caratteri:
– Mangiare molto più rapidamente del normale;
– Mangiare fino ad avere una sensazione dolorosa di troppo pieno;
– Mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame;
– Mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo per le quantità di cibo ingerite;
– Provare disgusto di sé, depressione o intensa colpa dopo aver mangiato troppo.
3. Le abbuffate compulsive suscitano sofferenza e disagio.
4. Le abbuffate compulsive avvengono, in media, almeno due giorni la settimana per almeno sei mesi.Il disturbo non si riscontra soltanto nel corso di anoressia o di bulimia nervosa.
Il correlato opposto del BED nello spettro dei DCA è l’ORTORESSIA.
Se nell’alimentazione incontrollata l’ossessione riguarda la QUANTITA’ nell’ortoressia è la QUALITA’ ad essere ricercata in modo compulsivo. La selezione di cibi sani diventa esasperata. Si arriva a demonizzare un certo cibo, terrorizzati che una minima quantità possa essere letale(no carne, no latticini, no lievito, solo cibi bio, solo cibi macrobiotici, solo cibi crudi, e via seguendo vere e proprie dottrine alimentari). Ad esempio, ci si permette di fare la spesa solo in certi negozi specializzati, si mangia solo ciò che viene cucinato da se stessi, si rifiutano occasioni sociali e conviviali, si nutre disprezzo per chi mangia in modo “comune”, ci si sente superiori per le proprie scelte alimentari. La ricerca della salute diviene esacerbata, anche qui c’è un controllo ossessivo esercitato e traslato nel cibo, indice di un disagio interiore che si cela dietro un comportamento alimentare.
Il culto estremo di ogni scelta alimentare, così come il culto estremo della fitness, cela ben altro sintomo.
scritto da Ameya Gabriella Canovi    già pubblicato su www.redacon.it

50 commenti su “UNA FAME SENZA FINE”

  1.  ho letto l’articolo con molto interesse e purtroppo mi sono riconosciuta, ho fatto tante diete, arrivando a perdere 8 kg. in un mese (seguita in un centro ospedaliero da dietiste e medici) ho fatto anche la psicoterapia di gruppo per cercare di capire il perchè della mia obesità. la psicologa alla fine mi ha detto che tutto dipende anche dalla mia solitudine. a quel tempo mio marito era ancora vivo, ma andava a letto prestissimo, mentre io molto tardi e io mangiavo in modo particolare la sera tardi. anche ora che sono sola cerco di trattenermi, ma non sempre ci riesco. ho cominciato nuovamente ad andare dalla dietista che per il momento mi fa tenere il diario di tutto quello che io mangio in una giornata. quando mi guardo allo specchio mi odio e vorrei poter tornare come ero una volta da giovane. lo so che dipende solo da me, come sono riuscita a smettere di fumare dovrei riuscire anche in questo, ma avrei bisogno di una persona che mi stesse vicina, ma è impossibile, grazie comunque, il suo articolo mi ha fatto riflettere e voglio mettermi d’impegno per migliorare, non solo per l’estetica, ma in modo particolare per la salute. grazie

  2. @Hai mai pensato di chiedere aiuto? In questa malattia, perché lo è, non eistono COLPE, sentirti in colpa  ti serve a crogiolarti come povera vittima. Sei giovane, studi, hai scelto l’infelicità… se riesci a cambiare  ‘idea’ su di te e sul mondo, troverai altri modelli..ma da sola è difficile, cercati un bravo terapeuta nella tua città, specializzato in DCA, ci vuole umiltà a chiedere aiuto, ma ripeto non sono convinta che tu, come molte altre ragazze, vogliano davvero uscire dall’inferno. al momento non hai altro posto dove andare..pensaci

  3. Ogni tanto me lo chiedo.. Se voglio davvero.
    Perchè alla fine è solo COLPA mia, sono SOLO IO che faccio certe cose. Nessuno mi obbliga. E poi, piango, ci sto male.. Lacrime di coccodrillo e mi "privo" della vita.
    Il vuoto, è vero, va attraversato. Il problema è che non riesco a lasciare tutto questo peso alle spalle. Ci penso sempre, so che ho questo problema e pensarci non mi aiuta
    (per dire: so che se sono da sola a casa rischio un’abbuffata. finisce che ci penso così tanto che poi cado; stessa cosa se sono in giro: rischio di abbuffarmi se mangio, da sola, a pranzo un gelato. Ecco che inizia il tour nei vari bar/panifici/supermercati. )
    Ho davvero toccato il fondo, mi sa.E non riesco a risalire.

  4. @Per uscirne Principah occorre volerlo, occorre essere disposti a cambiare idea, a rinunciare alla propria ossessione che ti riempie la vita, se non sei quello , cosa sei? Occorre essere disposti ad attraversare il vuoto..vuoi?

  5. Ripasserò, anche se a volte nel web si naufraga e i punti (“bookmark”) fermi spariscono. 🙁
    Intanto, fosse magari di spunto, le segnalo una discussione da un forum cui non partecipo ma che leggo occasionalmente. Sono poche battute, ben succinte:

    Perchè siamo in sovrappeso?

    A presto.

  6. assolutamente mai dire che si è senza speranza! c’è sempre la possibilità di un cambiamento..basta accettarlo, concepirlo e trovare le risorse per attuarlo!!

  7. @Layala non sono grassa..sono un po’ in carne..ma capisco cosa vuole dire, e provo molta simpatia per come si esprime..magari scriverò presto qualcosa sull’argomento e spero vivamente che lei scateni un dibattito :-), ripassi a trovarmi!

  8. ahah… ehm 😉 buongiorno. sorvoliamo sulle mie imperfezioni caratteriali: queste sì che non riesco a guardarle serenamente.

    “non sento il bisogno di giustificare il mio peso né di fare campagne pro mie curve, me le tengo rilassata, me le scordo, non dò molto peso e vado oltre”

    nel senso che lei è grassa?
    Non so se ha mai provato sulla sua pelle l’obesità o il forte sovrappeso, io sì: e ho visto una discriminazione ridicola, assurda – a volte triste e deleteria – verso chi decide o subisce una taglia grande.

    Si pre-giudica chi è grassoccio per moda, per divertimento, per sanare i conti pubblici o per vera paura del diverso; ad ogni modo quello che arriva alla “chiattona” è una pressione continua – a volte lieve, a volte importante. Preoccupante.

    Per questo sono nati siti come l’americano naafa, l’italiano cido, il ccd (ciccioni contro la discriminazione), ecc.
    Diciamo che… è un sentire diffuso e potrei fregarmene ma preferisco dire la mia ogni volta che vedo una generalizzazione di troppo.

    In altre conversazioni (reali o virtuali) ho fatto scenate napoletane subodorando omofobia o xenofobia… latenti o esplicite.

    Valutare, considerare, denigrare, diagnosticare, simpatizzare o demonizzare per categoria mi sembra facile ma ingiusto.

    Un abbraccio, o stretta dimano, tanto per smorzare i miei toni da suffragetta della ciccia 🙂
    grazie per gli auguri, ricambio ^_^

  9. @non so Layla..continuo a non essere convinta, nella sua arringa c’è la volontà di convincere, di vincere, di far cambiare idea all’altro…il che mi fa pensare a un eloquio manipolatorio tipico, anche se lei grida ai quattro venti che è diversa, che unisce punti con curve…non so…avverto una forte componente narcisitica, che ostenta autoapprovazione e cerca di perorare il proprio punto di vista. Se lei si ama cono felice per lei, se lei è sovrappeso e è a suo agio felice per lei, anche io lo sono ma non sento il bisogno di giustificare il mio peso né di fare campagne pro mie curve, me le tengo rilassata, me le scordo, non dò molto peso e vado oltre. C’è in questo suo sbandieramento qualcosa che continua a sfuggire, ma lo accetto e le facco molti auguri.

  10. Mi piace molto dare del lei forse perché mi aggrappo anche a forme di rispetto formali in attesa di trovare più spesso quel rispetto umano universale, intimo e profondo.

    Chi spende decine di euro alle slot machines ogni giorno…
    Non può farlo per cause fisiche, a meno che non abbia subito un danno neurologico, immagino…

    Ma ultimamente sto abbandonando anche il paragone del cibo con la droga e con il fumo, perché da quelle sostanze non dipendiamo fin dalla nascita…
    ho una visione parecchio personale della cosa. Mi metto il cuore in pace.

    se mettiamo su un continuum da zero a cento quanto una persona deve prendere da fuori per sentirsi in pace, qualunque cosa faccia salire verso l’estremo mi fa pensare
    ma anche ammettendo che dietro ogni piccolo o grande eccesso alimentare ci sia un dolore e un vuoto, molti che sono stati paffuti fin dalla prima infanzia quel vuoto potrebbero solo supporlo, immaginarlo o inventarlo.
    A che pro fare una cosa del genere se ci si sente bene e in salute, se si riesce insomma ad avere una vita soddisfacente? L’importante è questo, vivere, godersi e godere, amarsi e poi amare…
    Questo mi porta ad un’altra sua frase:

    Non si faccia ingannare dal fatto che si piace allo specchio, ci sono tantissime persone grasse, al pari delle anoressiche, che hanno una percezione distorta di sé, e non vedono la propria immagine reale, anzi si stupiscono di essere definite obese
    qui mi pare che sia un po’ troppo netta, come se vedendomi obesa non potessi piacermi. Sbaglio?
    So che sembra impossibile, ma io mi vedo. Mi sono sempre vista, da paffutella ma anche a pesi epici, anche quando ho visto braccia enormi, pancia tonda e girocoscia infinito… non ho mai desiderato cambiare da quello che lo specchio mostrava. In un camerino non mi sono mai vista magra… è come se amassi l’opulenza, anche io ho i miei limiti, però tra un fisico grasso e uno magro preferisco (sessualmente parlando) il primo.
    Per questo anche quando ero troppo grassa mi sono detta: evidentemente voglio essere così, ora, ne ho bisogno. E questo bastava a farmi vedere bella nello specchio e in foto.

    NB: tutto ciò solo PRIMA dei 12 e DOPO i 16 anni! Quando cioè mi sono liberata dei coetanei che consideravano subumane le ragazzine in sovrappeso.

    Come qualsiasi donna, comunque, riesco sempre a trovare il particolare che cambierei firmando un patto col demonio. 🙂 La peluria troppo scura tipica della mia regione, ad esempio. Oppure il flaccidume, che correggevo andando in palestra.

    Forse sono così perché mia madre non ha imposto a nessuna di noi tre figlie un certo modello estetico. E siamo tutt’e tre diverse. Forse sono umana, essere abitudinario da sempre abituata ad unire due punti con una curva e non con una linea retta. Forse adoro differenziarmi.
    In conclusione, BOH… 🙂

    considero auspicabile una giusta misura, un rapporto sereno e equilibrato col ‘fuori’ da sé
    nel caso del peso, io lo cercherei e spero che le persone lo cerchino solo se le loro esagerazioni causano danni accertati alla loro vita o a quella altrui. Trovo ancora una certa differenza tra il bis a pranzo e un’abbuffata notturna.

    E’ stato un piacere leggere le sue risposte!
    Continuerò a seguirla per la questione delle dipendenze affettive, che vedo sempre come lesive (della libertà del partner/amico, della propria integrità individuale, delle relazioni…).

  11. @Layala noto che è simpatica, e noto che mi dà del lei per cui ricambio.
    Rispondo a una domanda per tutte
    se lei bevese 5 litri d’acqua al giorno avrei le stesse perplessità dei 5 pacchi di patatine, e penserei le stesse cose, sono gli effetti sul corpo diversi, per cui non si notano. Chi spende decine di euro alle slot machines ogni giorno non lascia tracce sul corpo. Io credo di essere ormai totalmente deviata da quanto visto e so, non riesco a guardare una persona con 30 kili in più e crederla felice di essere così sovrappeso, ma soprattutto non riesco a non pensare a quanto VUOLE, di quanto ha bisogno di prendere da fuori per sentirsi ‘sazia’, che sia l’ipotalamo o altro, se mettiamo su un continuum da zero a cento quanto una persona deve prendere da fuori per sentirsi in pace, qualunque cosa faccia salire verso l’estremo mi fa pensare. Non si faccia ingannare dal fatto che si piace allo specchio, ci sono tantissime persone grasse, al pari delle anoressiche, che hanno una percezione distorta di sé, e non vedono la propria immagine reale, anzi si stupiscono di essere definite obese, perché c’è uno scollamento tra l’immagine interiore e quella reale, ciò che si definisce dismorfismo.
    Lungi da me spingerla chiedere un aiuto che non sente di dover chiedere! Simpatica l’immagine del funerale della sua ciccia. Da parte mia considero auspicabile una giusta misura, un rapporto sereno e equilibrato col ‘fuori’ da sé.

  12. Va bene. Questo, qualsiasi cosa sia, non vuole essere un attacco personale, una critica al suo lavoro o un’offesa.

    30 kili in più non incidono sull’autostima?
    Credo che 30 kg in più non dovrebbero intaccare l’autostima.

    ci sono persone grasse per fame congenita e quindi si rimpinzano perché il loro ipotalamo non regola senso di fame e sazietà?
    Ci sono. Lo so, questa era un’ovvietà da manualetto di anatomia.

    Di fatto essere grassi è indice di ‘fame’, che sia di cibo […] questo buco insaziabile che si cerca di riempire da fuori mi fa pensare a mancato sviluppo di equilibrio e serenità interiore.

    e può essere proprio così, per alcune persone grasse.
    Altre persone grasse “per fame di cibo” lo devono a cause prettamente fisiologiche.

    In questi casi vorrei, fortemente, vorrei che una dottoressa come lei pensasse a come sostenere il morale di una persona grassa piuttosto che immaginare buchi neri interiori da chiudere.

    Per questo tipo di ragionamento (“il cibo è un mezzo, viene utilizzato come anestetico, come unno psicofarmaco”, “sovrappeso… kili di dolore”) ho accettato di prendere un antidepressivo che non ha mai stroncato la mia golosità, anche se mi rendeva felice e appagata… In seguito la terapia cambiò e si passò agli ansiolitici, ugualmente infruttuosi.

    Strano invece che le (schifose, preciso) anfetamine provochino nervosismo, ansia, iperemotività, pianti di tre ore e un vero buco nel cuore, ma blocchino la fame. 🙁

    Per questo tipo di sillogismo “grasso->affamato->carente->squilibrato da aiutare” non andrò da uno psicologo finché non avrò finito di perdere anche l’ultimo kg di sovrappeso. 🙂

    (a meno che non sia uno psicologo paffuto, via… 🙂 )

    Il punto che cercavo di raggiungere era questo allora: perché insegnate a guardare le persone con questi occhi?
    In un solo articolo di blog si stabilisce che i mangioni “si gettano nelle relazioni con modalità possessive e fagocitanti”, indossano “la propria corazza di adipe per nascondersi”, e che il loro è “un sovvrapeso di 30, 40 kili di dolore.”

    Io invece vedendo un mangione non penso di poter dedurre nulla sulla sua personalità. Se notassi altri particolari, altri atteggiamenti sospetti, allora potrei farmi delle domande.
    Del resto quello che penso io non ha un seguito di lettori e pazienti.

    Come ho detto, se andassi da uno psicologo non vorrei che si concentrasse sulle mie curve generose o sul fatto che alcuni anni fa mi compravo due buste di patatine e le mangiavo tutte insieme.
    La stessa cosa la fa anche mia sorella, magra, comprandosi tubi di preangles e bustoni di caramelle da finire in una serata, ma nessuno inizierebbe a farsi un’idea su di lei partendo da quello. Per fortuna! E’ una delle persone più dotate di equilibrio che conosco.

    Andando da uno psicologo parlerei ovviamente del peso che ho avuto e di quello che ho ora: sia come cicciona che come “diet in progress” avrei questioni urgenti da proporgli.

    … il disagio di vedere il mio corpo che, da sempre rotondo e paffuto, diventa un costume sgonfio.
    … il non riconoscermi essendo in continuo mutamento
    … la tristezza d’aver dovuto uccidere una a una le mie cellule (adipose e non solo) e il fastidio di vedere, al funerale della mia ciccia, tanta gente entusiasta e felice dei miei “progressi”. Io dico addio a tutto un modo di vivere ma il mio lutto viene scambiato per una festa
    … lo scoramento profondo di aver PERSO: poiché ho ereditato delle cartilagini deboli, non ho potuto essere grassa e quindi nemmeno LIBERA. Pur essendo una di quelle (rare?) persone grasse che se si guarda allo specchio di un camerino si piace… un giorno sembrerò un’aspirante tronista di amici
    … la disperazione di non sapere chi sarò, di avere un corpo che mi serve ma non vorrei
    … il rapporto con gli uomini. So che non mi sentirò mai amata dentro e fuori, perché il mio fuori non sarà più quello originale. Solo
    … varie ed eventuali

    Non le sto chiedendo di aiutarmi 😀
    è solo che se penso alla sofferenza legata al mio peso, mi vengono in mente queste cose. Dovrò fare un lungo percorso ma non per correggere la Layla del passato, è il futuro che mi dà dei grattacapi…

    Di fatto chi ha bisogno di ‘troppo’ sente di non avere ‘abbastanza’. E questo mi fa pensare.
    Se io bevessi 5 litri di acqua al giorno cosa le verrebbe da pensare?

    Rispetto il ciccione che mangia con sofferenza e angoscia, perché si sente vuoto. Quindi voglio che vengano rispettati anche tutti i ciccioni che sono pieni di gioia di vivere, amore e cultura quanto di grasso e che mangiano perché sono biologicamente spinti a godersi più cibo possibile.

    Forse ho perso di nuovo il punto e al solito sono stata prolissa; mi spiace, includa la grafomania tra i miei eccessi. 😉
    Buona serata 🙂

    P.S. ho una domanda seria. Perché le persone che prima si consideravano mentalmente malate perché grasse, si sentono sane, felici e a posto quando dimagriscono con un intervento bariatrico? (quindi senza affrontare le problematiche che sentono di avere alla base)
    Si nascondono la verità (di soffrire ancora), non avevano avuto mai problemi psicologici, oppure dimagrire riempie i vuoti interiori? Per me è un piccolo interessante mistero.

  13. @Pubblico volentieri Layla, ma il suo intervento non mi convince.
    Concordo con lei che è confuso e non capisco a cosa vuole arrivare. A dire che 30 kili in più non incidono sull’autostima? O che ci sono persone grasse per fame congenita e quindi si rimpinzano perché il loro ipotalamo non regola senso di fame e sazietà? Di fatto essere grassi è indice di ‘fame’, che sia di cibo , di amore, di persone da ingoiare, questo buco insaziabile che si cerca di riempire da fuori mi fapensare a mancato sviluppo di equilibrio e serenità interiore. Poi possiamo raccontarcela che la società punisce le forme chenon ha scelto come canone, possiamo discutere all’infinito sui modelli sociali ecc. Di fatto chi ha bisogno di ‘troppo’ sente di non avere ‘abbastanza’. E questo mi fa pensare.

  14. Vorrei che parlare di BED non implicasse sempre una certa stigmatizzazione dell’obesità.

    Non ha mai conosciuto pazienti obesi e felicemente dotati di grassa autostima, dott.ssa? Se no potrei, e vorrei, presentarglieli io.

    Sembra che si inizi dal generale – il peso eccessivo o scarso, le porzioni generose o inesistenti – per stabilire una diagnosi.

    Che si rivela poi insufficiente a risolvere la persona e fa necessariamente approdare ad altri particolari problemi psicologici.

    Troverei molto più sano per tutti (“anormopeso” felici e “anormopeso” infelici) partire da una liberazione delle taglie, da uno svincolo dal “comportamento alimentare normale”.

    Un’ossessione in meno: che ognuno mangi come il suo corpo chiede e non badi al peso finché non diventa veramente gravoso per la SUA salute.

    Sono convinta che molte persone grasse arrivino alla mancanza di autostima dopo l’aumento di peso, non prima. Che questo “Grande Dolore”, di cui si parla a chi ha 30 (!) kg di sovrappeso, si adagi sopra i rotoli di grasso, e non si nasconda sotto. NON SEMPRE ALMENO.

    SO bene che si può usare il cibo come personale metafora del mondo. Credo di aver provato un impulso bulimico una volta – ero così nauseata dai sentimenti che stavo provando che volevo vomitare via il cibo per sentirmi svuotata, vuota anche di emozioni negative. Dopo quella sensazione ho provato molta pena per le ragazze bulimiche… pena che non provo guardando una donna obesa, che spesso soffre solo finché non capiscono che può essere belle e felice anche con i fianchi ciccioni.

    Ho visto molte persone che hanno iniziato ad abbuffarsi o digiunare solo DOPO essere state considerate malate, sbagliate e diverse a causa della loro golosità.

    Del resto solo pochi hanno le palle e il cervello così grandi da reagire/resistere alla società lipido-fobica.
    (società che fa molta pressione anche a livello statale – come sempre i conti pubblici sono più importanti della serenità dell’individuo… non so, mi vengono in mente altre persecuzioni giustificate con i conti del bilancio pubblico…)

    Quindi si crea un serpente che si morde la coda: chi è depresso ingrassa/dimagrisce; chi non lo è e ingrassa comunque (difendo il diritto alle diversità dell’ipotalamo :-P) e rischia di deprimersi perché “se sei grasso sei un perdente”. (per fortuna i più coriacei riescono a ribaltare lo stereotipo!)

    In generale si spinge sempre di più sulla psicologia dell’alimentazione.

    Eppure… ho visto persone depresse dimagrire senza aver prima recuperato autostima o coraggio: con farmaci anoressizzanti oppure tagliuzzando lo stomaco chirurgicamente.

    Ho visto persone obese curarsi psicologicamente per lustri e decenni, con consapevolezza e convinzione, senza perdere peso.

    Ho visto persone lipido-fobiche smettere di avere paura della propria/altrui ciccia una volta capito che non dovevano soffrire per forza: potevano piacere, vivere, lavorare e anche (semmai) dimagrire a loro piacimento.

    Magari si dovrebbero mitigare i toni, iniziare a trattare autostima, stereotipi e discriminazione (ponderale, sessuale, ecc.) prima di fare campagne sui BED.

    Probabilmente sbaglio, forse no, vedremo in futuro; ammesso che qualche obeso riesca a non essere internato. 😉
    Intanto vado per la mia strada…

    Mi sono soffermata qui ma trovo il resto del blog molto interessante. Una mia conoscente ha una fame d’amore incredibile (… ed è magra) e si attacca morbosamente alle persone, la vedo come un cerbiatto appena nato: non sa reggersi sulle proprie gambe. Per questo sono stata attratta dal titolo del suo sito. Leggerò con attenzione i suoi articoli, sig. ameya, sperando di trovare qualche spunto utile per la mia amica! 🙂

    Layla

    P.S. mi spiace per il tono polemico e confuso: avendo vissuto tutto sulla mia pelle ho capito che proprio chi dovrebbe conoscere meglio l’iperfagia generalizza, facendola diventare un sintomo o una malattia e non ammettendo mai la possibilità che sia, solo, una condizione innata.
    Correggibile se si vuole, ma innata e (per 30, anche 40 kg) gestibile se non addirittura innocua.

  15. ho preso la decisione di prendere un appuntamento al centro dei disturbi dell’alimentazione del mio ospedale, ammetto che non ti leggo anche se trovo importante il lavoro che fai con il blog. Il mio passato è costellato di incontri con psicologi e non so perchè ci ho messo tanto per decidermi a farmi aiutare per dimagrire. Anche se non ti seguo però quella tua faccina che appare sul mio profilo quasi tutti i giorni mi ci ha fatto pensare, nonchè la coincidenza ieri di esser nell’ufficio di una delle mie ultime prof, che per coincidenza è una delle responsabili del centro.
    Ecco, buona giornata!!

  16. voglio usire dal fatto che ogni volta che sento il vuoto lo riempio con il cibo … mi anestetizzo per non sentire la profonda sofferenza e mi perdo come donna adesso basta voglio vivere amarmi e non dipendere più da niente.. ce la farò ?

  17. Una fame senza fine[..] Fonte: amoredipendente.splinder.com Tra le patologie alimentari più note e studiate oggigiorno vi sono soprattutto Anoressia e Bulimia, e relative sottospecie. Tuttavia altre patologie meno eclatanti ma altrettanto invalidanti possono essere an [..]

  18. Soffro di BED dall’età infantile, qualcosa sta cambiando ORA, dopo anni di scavi archeologici dentro di me, ma non ancora sufficienti a dare risultati VISIBILI.
    Grazie Ameya per aver detto tutto questo, siamo ancora ALIENI su questa terra, c’è bisogno di informazione, per non generare rabbia, incomprensione, giudizio, fastidio… perché chi si vergogna siamo noi.
    Grazie davvero!

  19. Grazie infinite Ameya!!
    Interessantissimo.

    Ho sempre pensato che ci fosse una relazione molto stretta tra cibo e affetti ma oltre all’anoressia,bulimia, non avevo mai preso in seria considerazione che c’è altro.
    Grazie infinite!
    Le lo sono stampato!
    Spero non ti dispiaccia!
    Susy

  20. “Abusi o violenze fisiche o psicologiche” alla base del BED…
    ok, spesso…magari molto spesso…a me è capitato di avere condotte alimentari simili, nell’adolescenza soprattutto, ma la mia famiglia non mi ha mai fatto davvero “violenza” (intendendo violenza sia fisica che psicologica). Il problema potrebbe risiedere in un meccanismo di identificazione con la propria madre che risente decisamente troppo di modelli rigidi dati dai media, e reagisce ad essi in modo decisamente ambivalente…? (è decisamente molto molto complesso…)

  21. Anche io ne soffro. Ma non ho mai messo un kilo. Dicono che questo metabolismo durerà ancora per poco finché son giovane… allora faccio bene a sfruttarlo ora!

  22. invito il commentatore anonimo che non ha avuto il coraggio di firmarsi, ma ha il coraggio di attirare l’attenzione due volte, di accomodarsi a commentare altrove se ciò di cui qui si parla non gli è gradito. buffo per rimproverare che si parla troppo ha dovuto farsi sentire due volte…reiterando e ripetendosi 🙂
    abbiamo capito, grazie del commento, ci sono molti altri blog su cui andare, magari firmandosi.

  23. @caro killer indignarsi è umano soprattutto se la patologia non viene riconosciuta da chi si indigna…i disturbi alimentari sono patologia…non capricci…la persona che ne è affetta è in un tunnel da cui non sa e non può uscire da sola, molte volte non si accorge nemmeno di essere malata…capisco la tua indignazione, ma dal mio punto di vista è come arrabbiarsi con uno che ha la polmonite…
    io credo molto nella prevenzione , nell’insegnare fin da bambini amore e rispetto per se stessi prima di tutto.le persone con disturbi alimentari tra quelle che ho incontrato finora sono quelle che mi comunicano una solitudine interiore profonda e una totale mancanza di amore per se stesse…

  24. Ciao,grazie per essere passata da me.
    Mi scuso se ho dato una brutta impressione,ma di solito il post di fine settimana è sempre “leggerino” 😀
    Molto interessante il tuo blog,ho spulciato velocemente qualcosa,ma tornerò perchè voglio leggerti meglio e con calma.
    Conosco moltissime persone che hanno problemi nel rapporto con il cibo,quindi spero che leggendoti capisca meglio come comportarmi con loro.
    A volte si cerca di aiutarle,ma è difficile,molto difficile.
    Per ora ti saluto,ciao,buon weekend

  25. ciao…..

    certo il cibo e le dipendenze ad esso collegate sono uno dei problemi della nostra società . . .

    basterebbe ogni tanto pensare a chi il cibo non ce l’ha….e fa una dieta …come dire “forzata”…..

    la nostra società ci impone abitudini, stili di vita e miti falsi, finalizzati solamente al consumismo e all’arricchimento di pochi . . .

    ciao

    filemazio