I disturbi alimentari e la dipendenza

I disturbi dell’alimentazione sono una patologia dilagante, con incidenza preoccupante.

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Copyright ©️ Irene Ferri

Se la paziente isterica, tubercolotica caratterizzava l’immagine della malattia femminile nell‘800, il cliché attuale vede due tipologie esplicite: la ragazza spettrale, emaciata, giallognola da un lato, dall’altro, la donna sovrappeso, impacciata e vergognosa del proprio aspetto, palesemente traditrice dei canoni estetici sociali.
Entrambe sono la manifestazione estrema di un continuum, di uno spettro più ampio e sommerso di un disagio psicologico che utilizza il cibo come mezzo per esprimere ben diverse problematiche.

Il DSM IV, manuale diagnostico dei disturbi mentali, annovera anoressia e bulimia tra le patologie ufficiali, ma destina ad altri studi ed approfondimenti le patologie non altrimenti specificate tra cui i soggetti “binge”, coloro che più o meno nascostamente “si fanno” di cibo, abbandonandosi smodatamente a vere orge di iperalimentazione sfrenata ed insensata.

I disturbi del comportamento alimentare possono essere letti e diagnosticati come una qualsiasi dipendenza da sostanze o da comportamenti compulsivi. I termini anoressica e bulimica sono prototipi, definizioni comportamentali utili ad una categorizzazione, ma di cui sottotipi e sfumature sono realtà diffusa.

Colui o colei che fa del cibo il proprio linguaggio per esprimere il dolore interiore ben sa che non è cibo il problema. Ma la paura di ESSERE, che si manifesta nel corpo.

Studi recenti hanno individuato una forma di anoressia detta ‘reverse’ che colpirebbe la popolazione maschile, inducendo un comportamento di iper allenamento sportivo onde crearsi una massa muscolare mai abbastanza possente.

Tale patologia infatti altera la percezione fisica (dismorfismo), e i soggetti si vedono sempre troppo deboli, ‘mingherlini’, nonostante ore e ore di palestra. Il passo successivo è assumere anabolizzanti ed integratori in modo smodato e rischioso.
Ancora una volta l’inadeguatezza si manifesta nella ricerca di un corpo che abbia caratteristiche X. E tutto ciò che si allontana da questo parametro idealizzato viene ripudiato e rifiutato.

Così il corpo “ideale” diviene l’unica ragione di vita, mortificato col grasso corporeo, negato da una magrezza spettrale o martoriato da iper-attività o continue procedure violente contro se stessi come ingurgitare e rigettare, digiuni o carbo binge compulsivi (abbuffata di carboidrati o anche di cibi eccessivamente grassi), spostando così tutta l’attenzione del soggetto, da una problematica di insoddisfazione ben più profonda, sul corpo.

Come in ogni patologia, c’è una abituazione al sintomo, una identificazione forte della persona che usa il sintomo per esprimersi, come modalità funzionale per adattarsi ad una realtà difficile.
Alla persona obesa (escluse patologie fisiologiche) “serve” essere obesa: grida così spudoratamente il proprio buco esistenziale.
Per la ragazza anoressica diventa funzionale denunciare la propria paura della vita attraverso il rifiuto di essa, simboleggiato nel rifiuto del cibo stesso.
La bulimica fa del proprio rituale, riempirsi-svuotarsi, una metafora di ambivalente oscillazione vita-morte.

Ai mangiatori compulsivi, che riescono bene o male a mantenersi normopeso attraverso condotte compensatorie o di eliminazione (eliminando il cibo ingerito con pratiche compensative ma illusorie e controproducenti, come vomito, purghe, clisteri o con attività sportiva eccessiva ed estenuante) le abbuffate “servono”.
Il rapporto col cibo viene così totalmente stravolto dalla sua funzione originaria, quella di permettere una sana sopravivenza, per divenire un rituale simbolico su cui vengono proiettate emozioni, conflitti irrisolti. Insoddisfazione, inadeguatezza, incapacità di prendersi cura di se stessi, totale mancanza di autostima sono nascosti, o urlati attraverso l’ingozzarsi di cibo o nel suo rifiuto totale.

Varie le scuole terapeutiche, vari gli assunti di base.
Scuole di matrice psicodinamica motivano il disagio individuandone l’origine in un conflitto pulsionale irrisolto.
La terapia cognitivo-comportamentale propone una ristrutturazione delle idee che hanno condotto al comportamento.
Le scuole sistemiche (Minuchin) analizzano il fenomeno partendo dal contesto famiglia.

Al di là della teoria di riferimento, la persona che soffre di un disturbo dell’alimentazione ha bisogno di aiuto e sostegno. Il terapeuta offre il supporto necessario affinché ella possa comprendere la natura del SUO sintomo.
Occorre trovare una strategia funzionale per QUEL paziente.

Non esiste LA soluzione, ma alcuni approcci terapeutici, per diversi pazienti possono funzionare  strade diverse.
Trovare la chiave giusta per quel paziente sarà compito del terapeuta. Che sarà contenitore, un aiuto, un supporto momentaneo e transitorio. Egli offrirà, oltre che ipotesi esplicative, anche un modello di coping (capacità di fronteggiare gli eventi della vita) alternativo e autonomo.

L’obiettivo è che il paziente apprenda fiducia e amore per se stesso, che acquisisca nuove strategie di fronteggia mento e auto contenimento, e impari a fare a meno del sintomo per funzionare.

20 commenti su “I disturbi alimentari e la dipendenza”

  1. Il problema è che i nostri meccanismi della fame si sono sviluppati per migliaia di anni in un contesto in cui il cibo era poco.

    Da circa cinquanta anni (non di più) il cibo è sovrabbondante ed il problema non è più il trovarlo,  ma il riuscire ad evitarlo.

    E’ ovvio che, per quanto riguarda questo specifico problema, sostanzialmente non siamo adeguati al mondo che ci circonda, e questo permette che diversi problemi che con il cibo non hanno nulla a che fare trovino in questa "fessura imperfetta" il loro sfogo.

    In ogni caso personalmente ho notato questa tendenza. Fino a 30 anni potevo mangiare qualunque cosa e non ingrassavo di un grammo. Dai 30 ai 40 se esageravo ingrassavo, quindi non dovevo esagerare. Dai 40 in poi se non sto attento ingrasso, per cui – siccome non mi piace l’idea di essere grasso, non fosse altro per dovermi far rifare tutti gli abiti dal sarto – ci sto attento. Il difficile è l’inizio, una volta presa un’abitudine non è difficile mantenerla.

    Bisogna dire che per gli uomini che hanno il vezzo (bello ma costoso) dei vestiti su misura il sarto è un controllo della linea inesorabile. La sua frase "cosa facciamo, allarghiamo?" è una specie di gong che fa iniziare una dieta feroce. L’allargamento dell’abito è un punto di non ritorno….

  2. @meglio dire emergia in eccesso? sport? corsa? bioenergetica? perché non utilizzare l’energia in esubero in un processo creativo invece che distruttivo?

  3. Che piacere rivedere il tuo sito, Ameya, dopo essere stato via dal web per un mesetto. Qui si affrontano serenamente problemi seri. Vedo invece in giro, soprattutto nei siti gestiti da maschi (o supposti tali), un odio ingiustificato, la crescita di una vis polemica e di un astio che sinceramente non hanno molto senso in una comunità. Splinder comincia a farmi paura, come il futuro a cui stiamo andando incontro.

  4. l’altra faccia della compulsione ad acquistare…ognuno trova la sua compulsione, intendendo la ossessione verso un comportamento, qualunque esso sia. Lo sai, quando faccio più volte la stessa cosa subito mi chiedo perchè, soprattutto se non è la cosa che desidero veramente.
    Mi rendo conto che si tratta quindi di una virtualizzazione, una sostituzione del bisogno reale, evidentemente non soddisfatto.
    Quest’anno m’ha preso con i maglioncini 🙂 però fa freddo, scusa tipica che si mette il compulsivo

  5. CARISSIMA SIGNORA DEL SORRISO E DEL GENIO, TI SCRIVO CHE ANCH`IO HO UN PROBLEMA DI DIPENDENZA PER LA PASTA E FAGIOLI. SICCOME IL MIO POVERO STOMACO NON SOPPORTA PIU` IL PEPERONCINO, NE DEVO FARE A MENO. MENO MALE CHE ABBIAMO DECISO CHE IL PARMIGGIANO  REGGIANO NON FA MALE, COSICCHE` MI SONO ACCONTETATO ALLA MENO PEGGIO. SPERO DI STARE UN PO` MEGLIO E DI RITORNARE AD ASSAPORARE IL MITICO PEPERONCINO CALABRESE DAL SAPORE FORTE E POTENTE , COME LA VITALITA` DI TUTTI I CALABRESI. CIAO DALL` AMERICA DEI LAGHI E MONTI SEMPRE CON LA NEVE E GHIACCIO,  COL PROFUMO DEL PASSATO VALENTINO , MA DELLA  PROSSIMA E  BELLISSIMA PRIMAVERA. SEMPRE CON UN SORRISO ED UN ABBRACCIO A TE E FAMIGLIA.        

  6. @sono molto interessata all’ACT terapia molto attuale , ultimi sviluppi della terapia cognitivo comportamentale, che utilizza principi presi dallo zen e dalla meditazione

  7. ah pardon… correzione su quanto scritto sopra, mia madre aveva chiesto all’amica psicoanalista se fossi disturbata… e non l’amica psicoanalista a chi….

    ed erano le 13,24 del pomeriggio eh… vabbè so fusa… lavoro troppo ahahaha 🙂

    veramestessa…
    io sto seguendo una terapia del genere e devo dire che siamo a buon punto e si riuscirà a rientrare nell’obiettivo di finirla in un anno (3 giugno 2010), mai avuto problemi con il cibo…però. trovo che dopo diverse scuole provate di psicoanalisi (freudiana e junghiana), la psicoterapia e in particolare la cognitivo comportamentale sia la migliore: si imposta un obiettivo e si comincia a lavorare da subito e si lavora sodo. per questo per chi usa la terapia per farsi 4 chiacchiere è sconsigliata…e di gente che va in terapia per moda ne ho vista molta.

  8. Per esperienza personale penso che l’approccio cognitivo comportamentale sia quello più valido per i disturbi alimentari. Conoscere le cause che hanno scatenato il disturbo può aiutare a risolvere i conflitti interiori ma non modifica gli attegiamenti autopunitivi  che sono parte del disturbo stesso.

  9. anche a me. ovviamente siccome devo aprire il negozio alle 9 del mattino mi devo svegliare presto altrimenti fosse per me applicherei anche al sonno sta cosa.

    dicono che ho una vita disordinata…

    ed è stato bello quando un amica di mia madre che fa la psicoanalista, alla domanda se io fossi pazza e malata mentale per il mio disordine si è sentita rispondere che sono perfettamente normale ed è anzi lei con il suo ordine allucinante ad essere potenzialmente disturbata…ahahahaa.

    beh mia madre comunque è una brava persona ma ha avuto relazioni con uomini che hanno sempre avuto a che fare con la psichiatria (il primo marito schizofrenico poi suicida, il secondo-mio padre-psichiatra e affetto da personalità borderline-il terzo bipolare) e sta cosa che io sono pazza è  una sua fissazione perchè sono molto diversa da lei.

    Urca titti invece no….sono fuori di testa certi…ma anche il mio tipo che è veramente bellissimo e dimostra 10 anni in meno nonostante la sua vita sedentaria ogni tanto  mi fa: ehhh un tempo avevo gli addominali scolpiti. bah e ora ha delle stupende manigliette dell’amore così sexy, certe volte ho il sospetto che sappia benissimo di essere figo ma fa il timido umile per farselo dire.

    è che se stai a guardare gli spot o comunque le pubblicità sempre uomini di un certo tipo ti mettono… e siccome comunque i maschi hanno perso la loro superiorità….e la loro patria podesta sulle donne ora sono parecchio insicuri e siccome non sono educati a vivere pienamente le loro emozioni….purtroppo scaricano tutto sul corpo.

    alla fine con modalità diverse il disagio comunque da qualche parte esce.

  10. articolo molto , ma molto interessante.
    Non avevo mai considerato la fissazione di chi fa palestra in modo assurdo ed è concentrato sui"muscoli", un aspetto patologico. Invece è molto interessante.
    PS quando ho iniziato a guardarmi"dentro" è passata la fissazione della dieta, e sono normopeso per la mia età… meglio tardi che mai…

  11. scusa se te lo chiedo, ma io da quando mi sono mollata con il mio ex, adotto questo semplice rigore: mangio quando ho fame. Punto.
    siccome poi con il lavoro che faccio non ho orari semplicemente non ho orari nemmeno per mangiare, ma ho notato che a differenza di prima che ero ingrassata moltissimo (ovviamente anche per altri tipi di disagi con il mio ex) mangiando, anche se non ne avevo voglia, a orari prestabiliti, adesso al massimo salgo di 3 o 4 chili…e poi torno giù…

    insomma sono in forma. e mi sento bene.

    insomma a te sta cosa di mangiare quando ho fame ti sembra patologica? no perchè io sto benissimo ed anche il mio medico e il mio psycho mi hanno detto che non c’è nulla di male ma i miei amici dicono che son matta!!!

    🙂

    scusa l’intromissione. ovviamente anoressia e bulimia son ben più gravi. ciao 🙂

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