LA VIOLENZA NELLA RELAZIONE

foto violenza donne

http://www.youtube.com/watch?v=9Y3-s4FcWdU

Questo film della regista spagnola Iciar Bollain, TI DO I MIEI OCCHI, descrive magistralmente la dinamica relazionale violenta all’interno della coppia. Lei, Pilar, subisce per anni la violenza fisica e psicologica del marito. Questa è la scena clou del film, dove lui ha l’ennesimo attacco di ira, per gelosia, poichè lei ha iniziato a lavorare come guida turistica in un museo. Lui, Antonio, sente di non avere più POTERE su di lei, e aumenta la dose di controllo e violenza, arrivando a umiliarla chiudendola nuda sul balcone. Da lì Pilar troverà la forza per riscattarsi ed andarsene di casa con il figlio, definitivamente, dopo aver mille volte creduto alle promesse di Antonio, che POI sarebbe cambiato.

Il film ha varie livelli di analisi. Se lo si guarda una prima volta emerge la violenza di lui, lei , Pilar, appare come la vittima.  Ad una lettura più approfondita e in chiave sistemico-relazionale il loro legame è CO-COSTRUITO. Lui abusa, lei complice inconsapevole, glielo permette. Lei legittima il comportamento di lui. Inconsciamente non ha una sua propria esistenza, non è UNA. Ma concepisce se stessa in funzione di… Lei dipendente affettiva. Tanto quanto lui. Il titolo del film è emblematico. Ti do i miei occhi, ti do me stessa a  pezzi…poichè non mi vedo, non sono , non mi percepisco UNA. Ma una donna a cui si possono chiedere pezzi di sé.

Il dibattito sulla violenza nella relazione è complesso. Violente sono le relazioni dove uno dei due vuole VINCERE l’altro, nell’illusione di avere in questo modo POTERE. Poichè la violenza null’altro è che IMPOTENZA.

Ameya

32 commenti su “LA VIOLENZA NELLA RELAZIONE”

  1. E’ triste.
    Quanto più cerchiamo di dimostrare amore con quel che siamo, anche con le nostre debolezze, tanto più diamo fastidio.
    In parole povere è questo.
    Magari, quell’ uomo avrebbe dovuto aver pazienza e veder crescere quella donna.
    Magari, avrebbe potuto crescere insieme a lei.
    E magari, lo sta già facendo.
    Un bacio.
    Gabriella

  2. ricevo anonimo e incollo

    Potrei raccontarti di un caso di violenza nella relazione in cui le forze inconscie dell’ una e dell’ altra persona operano il miracolo, in certo qual modo.
    La mia storia ha dei connotati veramente folli.
    Ma è così che è andata.
    Tanti anni fa la persona cui ho dato una creatura, all’ apice della sua gelosia, architettò un inganno credendo di poter così dimostrare la mia infedeltà.
    Fra i messaggi che mi mandò fingendosi un’ altra persona ve n’ era uno in cui mi esortava a scrivere, perchè, diceva, quando lo facevo ero viva.
    Da quel momento non ho smesso più.
    Quando lo conobbi avevamo il lavoro in comune, che entrambi amavamo molto.
    Ci unimmo anche su quella base.
    Ma io ero la vittima carnefice di me stessa.
    Ben presto smisi di fare quel lavoro, che era un lavoro creativo. Per me era impossibile reggere il paragone con lui che era un professionista.
    Tutt’ ora, la cosa che mi veniva istintiva, la cosa che mi appartiene di più, la quintessenza del mio istinto, è sepolta da qualche parte ed è un muro che sento invalicabile.
    Ciò che mi appartiene di più di ogni altro, mi terrorizza.
    E lui era incapace, come è anche adesso, di amarsi e di mostrarsi al mondo per quel che è.
    Scrivere mi piaceva talmente tanto che in lui si scatenò una gelosia morbosa.
    Mi diceva sempre: io non sono il tuo centro.
    Una volta mi mise le mani alla gola.
    Ma a quel punto io ero stanca, volevo vivere.
    Alla fine ci separammo.
    Lui adesso continua a disegnare, non ha un vero lavoro, vive lontano dalla figlia. Forse non ritiene di essere un buon padre. Ma io so che non è così.
    Su me stessa, ci sto lavorando tutt’ ora fino allo sfinimento.
    Adesso interpreto questi atteggiamenti per quello che sono:
    Le più belle dichiarazioni d’ amore che una donna possa ricevere.
    Lui ha operato come se almeno uno dei due dovesse salvarsi, senza rendersene conto.
    E tutt’ ora, quando vedo quanti pasticci combina per non riuscire a mettersi in discussione, sono io che mi sento impotente. Ma in questo momento so che non posso fare nulla per tendergli una mano, come vorrei.

  3. Perdonami Ameya, è la prima volta che scrivo nel tuo blog. Ogni tanto lo leggo. C’è una cosa in questo post che non condivido. La psicologia mette sullo stesso piano la, diciamo, “colpa” dell’aggressore e della vittima ma io non son d’accordo. Premetto che io son femminista e quindi credo nella parità di diritti ma un uomo che commette atti del genere sulla persona che ama senza capire che lui sta male ed ha bisogno di aiuto – e lui son sicura che dentro di se lo sa bene… – e senza capire che la violenza genera paura in una persona fisicamente più debole, permettimi di dirlo è interessato soltanto al suo potere sull’altra persona… a quel punto va oltre la debolezza… una persona onesta il cui unico problema è la debolezza prima di alzare le mani si fa aiutare…
    Comunque io al posto di quella donna già al primo schiaffo gli avrei mandato tante di quelle maledizioni che, fidati, sarebbe morto…

  4. Cara Artemisia, farsi carico dei pesi altrui è un altro modo per non stare con sè…
    ma sicuramente hai fatto un percorso di conoscenza dentro di te…a dire il vero ciò che ti ho scritto sopra non l’ho mai letto da nessuna parte 🙂 giusto o errato era una mia riflessione, che no ho mai letto altrove anche perchè sul masochismo sessuale o su questo tipo di pratica non conosco praticamente nulla,la mia domanda timida perchè? era un tentativo di consocere questa parte per me sconosciuta delle relazioni. Conosco bene invece la dipendenza affettiva psicologica, il dipendere dall’Altro per esistere…
    Continua a raccontarci di te se ti va…

  5. Ma al di fuori delle definizioni e delle diagnosi da manuale esiste il vissuto, ciò che rende ogni individuo unico, e , in ultima analisi, non ingabbiabile in schemi fissi, non definibile con esattezza.
    Non delego. Anzi, la mia natura docile mi porta spesso a farmi carico di pesi e di decisioni che dovrebbero gravare sulle spalle di altri. Il mio passato basterebbe a giustificarmi, se davvero fossi incapace di agire in prima persona, o se semplicemente avessi rinunciato a farlo. Ma non è così: ho il vizio di rinascere…che ci posso fare? : )) E rinascere significa sempre DECIDERE, per me. Decidere di cambiare, di (ri)costruire, di distruggere…decidere. Da un giorno all’altro, all’improvviso…o dopo anni di riflessione…Decidere. Affermare se stessi e la propria volontà…Io lo faccio ogni giorno, anche con il mio Padrone…
    Sono fiera di me stessa per aver saputo prendere decisioni importanti per la mia vita. Liberamente. Autonomamente. Non sarei qui a raccontarmi, altrimenti…

  6. Cara Artemisia, trovo molto coraggioso il tuo raccontarti qui. E molto onesto. Il rapporto sado-masochistico agito a livello simbolico, intrapreso nella dinamica sessuale, è a mio parere, una scusa. Mi spiego. Così come la violenza sta per il sesso (come si diceva nel commento di A. #13 che trovi sopra), qui il sesso sta per qualcos’altro. E’ una danza anche questa, ma in ballo c’è la RESPONSABILITA’. Delegare se stessi volontariamente a un altro, vuol dire dare in mano all’altro il potere, è l’atto estremo di chi non vuole agire in prima persona nella propria vita. L’altro , il padrone, fa altrettanto. Spostandosi tutto sullo schiavo, è ALTROVE, lontano da se stesso, illuso in una dinamica di pseudo potere. Nessuno dei due è con se stesso, ma entrambi sono ALTROVE…
    grazie per lo spunto di riflessione…

  7. Perchè. Me lo sono chiesto tante volte…l’ho chiesto anche al mio psicologo. Desiderio di controllo, dice lui. Un po’ come mi accade con il cibo. E lui dice anche questo: che sono una cicciona con la forma mentis di un’anoressica. Che ragiono come un’anoressica.
    Fin da quando ero piccola – piccola, non adolescente. Bambina – sono sempre stata attratta – idealmente, non sessualmente! – dagli uomini capaci di esercitare potere. Pensa che il mio amico immaginario era un soldato romano. In particolare, ho sempre considerato molto affascinante il rapporto che lega una schiava a un padrone, e già da piccola immaginavo, eccitandomi mentalmente, strane situazioni in cui io avevo un ruolo di sottomessa. Io ero il trastullo del mio amico immaginario, che alternava sapientemente carezze e punizioni, proprio come il mio Padrone. Lui mi proteggeva, ed io avevo per lui una venerazione infinita. Gli appartenevo, e sapevo che prima o poi avrei avuto il mio “soldato” in carne e ossa. Ma il bdsm non sapevo neanche cosa fosse, fino a pochi mesi fa.
    Ora, che in qualche modo c’entri l’autostima è altamente probabile…Nel mio caso ho motivo di credere che il discorso sia molto, molto più complesso. Lascio che se ne occupi il mio strizzacervelli, perchè io, francamente, sono stufa di pormi delle domande che non avranno mai una risposta. Io adesso voglio vivere la mia natura e la mia sessualità – la mia femminilità – senza dovermi chiedere continuamente se è giusto o sbagliato. E ciò che SONO oggi. L’esito finale di una interminabile serie di crolli e di ricostruzioni interiori, tuttora in atto. Io non sono mai la stessa: muto e mi evolvo in continuazione, ma la schiava è sempre lì, in ginocchio o accucciata in un angolo. In attesa di servire.
    A presto.

    A.

  8. Yasmine le persone violente sono malate…di una male grave:
    DISAMORE, sono persone profondamente ferite…
    immagino tu non ammetta violenze
    il tuo blog è pieno di affetto e amore…
    torna quando vuoi.

  9. In realtà ognuno dei due, sia il CARNEFICE che la VITTIMA, è DIPENDENTE dall’altro. LUI perchè si sente costretto alla violenza per gelosia e per il terrore di perderla; LEI perchè non si ribella alla violenza, anzi la subìsce passivamente, evidentemente perchè si sente emotivamente dipendente da LUI e non riesce a lasciarlo.

  10. @A. credo tu abbia detto molto giustamente
    Il rapporto sessuale traslato nella violenza e il senso di inadeguatezza che devasta chi fa uso della violenza, e la COMLPLICITA’ di chi provoca o legittima la violenza RICERCA la sensazione forte quasi orgasmica del picco violento a cui segue una fase refrattaria di discessa…un escalation seguita da una pseudo pace…quasi post coitale..la violenza è metafora dell’atto sessuale. Sì. Ma malato e distorto. Patologico e pertanto occorre un supporto tarapeutico, per imparare ad esprimere se stessi in modo non distruttivo e per quanto riguarda l’adulto abusato , per imparare a non autoledersi brutalmente.

  11. @Andrina grazie dell’apprezzamento e delle intelligenti parole
    @Lu hai colto nel segno…
    grazie , anche voi contribuite a questo blog passando di qui

  12. purtroppo questo squallore mentale semina ancora la sua maledetta cecità nei confronti di povere anime indifese…
    le immagini sono nude e crude dove provo sofferenza e tanta rabbia… donne gambizzate dall’uomo bestia…
    questa realtà la vivono molte donne ieri oggi domani e sempre…
    come sempre molto interessante i tuoi post…bravissima!
    un bacio

  13. Le violenze vengno accettate semplicemente per una mancanza di sicurezza e di autostima da parte di chi le subisce. Non vi sono reazioni, molto speso, in quanto la donna – di solito è quasi seore la donna a subirle – pensa nel suuo inconscio di meritarle. E’ una sorta di autolesionismo per interposta persona. Gran Blog. Complimenti.

  14. ricordo che ad un corso sugli abusi intra-famigliari il relatore ci chiese di approfondire una tesi che spiega taluni abusi di violenza. Il desiderio fisico-intimo.
    Se si trattava del padre sui figli spesso era un modo di eludere un desiderio di incesto: letteralmente la persona non potendo avere l’incesto con figlio e figlia, risolveva questo pensiero aberrante con un contatto fisico violento causato dalla frustrazione.
    In un altro momento mi disse che nei rapporti di coppia, spesso dove il dialogo è poco, il frustrato (che nel film è il compagno) non riesce ad avere più sintonia e contatti con la compagna, per cui abbisogna di un contatto fisico intenso parimenti quello sessuale, che però è violento e usurpatore. insomma, quel mio amico psichiatra direbbe che questo uomo la maltratta perchè non si sente capito e perchè non riesce ad averla come desidera e non si sente accettato da lei: intimamente.
    E direbbe anche che Lei, consapevole dell’importanza di questi atti, li provoca più o meno volontariamente per avere quella paradossale imitazione dell’intimità affettiva e sessuale..

    mah?!
    diceva altre cose ancora, ma questo ci può bastare. che ne pensate?

    A.

  15. @Sister capisco cosa intendi …

    @Artemisia sono passata davvero per caso dal tuo blog…avevo una domanda che non ho scritto: perchè?
    perchè in un rapporto sadico-masochistico ci si sottopone volontariamente a questo gioco di potere?
    se è solo un gioco…capisco cosa dice il tuo terapeuta…ma ciò che interessa a me capire è la motivazione intrinseca. infatti dici di aver subito maltrattamenti nella relazione precedente…è interessante per me conoscere se alla base anche di un gioco di ruoli del genere c’è la stessa MANCANZA DI AUTOSTIMA dell’adulto che legittima l’abusatore
    se vuoi rispondere.

  16. Ciao : )
    Immagino che il “passavo di qui” che hai lasciato nel mio blog stesse per “passa da me” : )
    Io ho da poco lasciato il mio fidanzato, dopo quasi nove anni di maltrattamenti – e quando dico MALTRATTAMENTI non intendo la sottomissione volontaria, che è un’altra cosa – e dopo aver compreso che si trattava di un rapporto basato esclusivamente sulla dipendenza affettiva.
    Anche il rapporto che mi lega al mio Padrone è basato sul principio della dipendenza, ma è un legame che non danneggia nessuno dei due in alcun modo, ma che anzi ci gratifica. E il mio psicologo è dell’idea che i nuovi territori vadano esplorati, e che non c’è motivo di rinunciare a qualcosa che ci rende felici solo perchè gli altri pensano che dipendenza sia sempre e comunque sinonimo di infelicità.

    Ma può anche essere che il mio arguto strizzacervelli stia sviluppando un piano a mia insaputa ; )

    Un caro saluto.
    A.

  17. ho visto da vicino a che cosa porta la violenza in famiglia,
    ho visto tutte le “varie” fasi,
    ho visto la rinascita dell’autostima, ho aiutato come potevo, ma ancora adesso a distanza di 3 anni questa donna è ancora terrorizzata, basta che senta al telefono il suo ex per ripiombare nel panico…
    buona serata
    Sister

  18. perchè pensi che in fondo…quello è quello che ti meriti..mancanza di autostima…
    ho lavorato con molte donne abusate…di base c’è una totale mancnza di stima di sè e l’inonscia convinzione che forse quello è ciò che si meritano, poichè si sentono in colpa per tutto, sentendosi sbagliate…altrimenti no rsterebbero lì…se ne andrebbero…invece si resta a permettere lo scempio…in attesa che le cose…CAMBINO…

  19. trovo interessante, capire come mai le violenze vengono accettate. E non quando si tratti di scatti di ira momentanei, bensì quando la cosa è reiterata, continua. In fondo, si è coattori, coprotagonisti della violenza, lo si accetta…ma perchè?

  20. il film è molto bello anche se…molto forte
    non sapevo cos’erano i pvt solo ora ho scoperto…chiedo scusa a tutti c cui non ho risposto…

  21. Si l’ira, la rabbia che sono nelle premesse del comportamento del protagonista del film sono il sentimento che esprime impotenza .
    Vedrò di recuperare il film se ci riesco
    ciao e leggi PVT (c’è posta per te)

  22. cara ameya, per me violenza è anche l’affetto negato, l’atteggiamento sfuggente, il disinteresse palese. Sono forme di violenza più sottili ma anche più crudeli. Ho scoperto il tuo sito e ti leggo spesso emiemi

  23. molto dura la scena in effetti, molto interessante l’argomento ed il tuo post…..
    sono d’accordo con la lettura che fai andando oltre il livello di analisi che appare evidente in superficie…
    a volte si è complici inconsapevoli di tali abusi e non sempre chi lo è riesce a trovare la forza ed il modo di uscirne fuori…
    ciao…
    a presto..;))

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