Ricevo e pubblico:
CAPITOLO I
Io me la sono raccontata per tanto tempo, ho dato “colpe” a destra e a sinistra e ho girato col ditino puntato per anni: “TU non mi ami abbastanza!”
In realtà le persone che erano vicine a me soffrivano, perché ero io che fuggivo, e non amavo, non MI amavo.
I miei alibi firmati di inutilità li avevo eccome. Mi erano utili per non sentire il vuoto, il freddo, l’eco.
E in quel narcisismo in cui vedevo “l’altro” in realtà c’ero io. Ma mica mi vedevo.
E sono scappata, sempre, da tutto e convinta di fuggire così bene da farlo anche rimanendo fisicamente vicina e non solo dall’amore di coppia, dall’AMORE. Punto.
Ma il punto è… da chi scappavo?
Credo che come diceva qualcuno: da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx.
E quindi? E quindi.
Quindi poi ti ci tocca tornare a te… se sei così fortunato da capirlo, e ti ci ritrovi in mezzo e inizi a scavare, e fa male, ma capisci che non ti sei amata, che non lo sapevi fare e realizzi che: Cazzo!!! Non si è mai del tutto pronti ad un evento ed una responsabilità del genere, amarsi è difficile, è molto più semplice chiedere agli altri di farlo e incazzarsi pure. Se non lo fanno come desideri tu.
Scappare mi fa pensare ai treni. Adoro le stazioni.
Mi perdo tra i trolley e le corse dei viaggiatori fuggitivi come me.
Penso a quei treni che mi strappavano via l’anima e la consapevolezza che non sarebbe mai potuto essere per sempre, ma il desiderio forte di far finta di nulla, di non pensare, di fingere di crederci per quel momento mi aiutava, e potevo scappare ancora più forte, che tanto un treno da riprendere c’è.
Io sto smettendo di scappare ora? Ci sto lavorando con chi mi tiene per mano, e… si… si! Sto provando a smettere di scappare da me, sto imparando a vedermi, a guardarmi, e mi ritrovo a tratti, simpaticamente spettinata, spettinatamente bella.
Continuo a fare cose incomprensibili si, e non sto smettendo di amare, anzi se è possibile sto amando proprio tutto e tutti.
Credo di aver capito che il barba-trucco sia far-MI ogni tanto questa domanda, ed attendere, con serenità una risposta sincera: sto ancora scappando da me? Ahimè. Spessissimo si!
Ma provo a riprendermi per mano, cosa di cui sto scoprendone solo ora il significato.
E’ proprio vero, “casa” non significa 4 mura e un tetto sulla testa.
E allora queste righe le dedico ai treni, quelli inaspettatamente presi e quelli volutamente persi e viceversa, alle bocche su cui mi sono persa, o a cui ho negato una carezza.
Alle facce che ho incrociato e confuso nei miei compagni di viaggio, ad una in particolare.
Alle facce conosciute ma di cui non ricordo più nemmeno le fattezze, e alle facce che ho visto solo in una e altre in più dimensioni. A quelle facce spaventate e a quelle che più mi hanno spaventato, perché mi rispecchiavano tanto.
A quelle che mi resteranno sempre dentro, a chi è rimasto e a chi è scappato per conto proprio, non più pervenuto, a chi si è soffermato ad intrattenermi facendomi sorridere, alla faccia di chi si sta ancora chiedendo da cosa o chi stessi scappando.
La dedico a me che canto e ballo ancora, a me che sono “così”, ma che riesco ancora a stupirmi e a dirmi :brava!
A me che mi ritrovo a dipingere, senza saperlo, e a colorarmi la vita, come quando cercavo di riempire gli spazi bianchi a scuola, e lo spazio bianco non finiva mai, invece le mie tele si riempiono presto.
A mia figlia, che mi auguro rilegga queste righe più in là e possa sentirsi amata, apprezzata, stimata, sei speciALE!
A mio padre che finalmente dopo anni di “dito puntato”, ci sono riuscita ad abbracciarti, che bello che sei papà!
Sei e rimarrai per sempre l’uomo che più amo, stimo, ammiro.
Alla mia “’DiTantoAmoreAmeya❤”, che di strada ne ho ancora tanta da fare. Tantissima, ma sapere di poter allungare una mano e trovare la sua… è poco dire Grazie!
A mia SORELLA, che non è solo sorella di sangue..
A mia madre che ho “dovuto” guardarmela da dentro di me, e che non è mica stato facile, ancora non lo è sviscerarmi, grazie ❤.
Alle mie “sorelle amiche”, alla mia amica, lei sa.
Al mio lavoro, agli incazzi, alle soddisfazioni, alle prove!
Ai sorrisi ebeti, ai miei messaggi ebeti, alle risate di pancia, alle lacrime tante, alle contorsioni di stomaco, a tutti i quaderni e diari scritti che chissà mai un giorno non decida di rendere pubblici.
Alle mani che c’erano e a quelle che ci sono ancora e alle nuove, a quelle che verranno. Le mani vanno strette e gli occhi vanno guardati.
E a quelle parole che vanno dette, quelle che il silenzio non riesce a comunicare, mai.
A chi mi guarda e mi ha guardata andare via senza dire una parola.
A chi in fondo, e in un modo unico, non andrà mai davvero via, perché forse mai arriverà.
Perché tutto torna e tutto può cambiare se mi scelgo senza sforzo.
Un posto non vale sempre l’altro, le “stampelle” le ho, e fanno comodo e ammetterlo è già un grande passo per provare a lasciarle. Però ci sto provando a dimenticarmele a casa e capita che mi ritrovi a camminare da sola, ma ho ancora tanto da fare e accetto di essere ancora qui, ad assicurarmi che ci siano.
C’è il sole, faccio una bella passeggiata, ho voglia di un caffè. Musica a palla e leggerezza nel guardarmi indietro. Quel che è stato è stato. Mi ha portata fino a qui. Quindi grazie!
La strada è ancora tanta, ma posso fermarmi a godermi il viaggio, che alla fine ci sono piazze affollate e sconosciute anche dietro l’angolo.
Per stare male, c’è sempre stato tanto tempo, quindi… fanculo!
M.