Francesco, una storia.

Buonasera Dottoressa,

Per caso ho scoperto il suo blog e, datosi che sto attraversando un periodo di riflessione profonda a seguito della fine dell’ennesima relazione, mi permetto di lasciare la mia testimonianza sperando possa servire a far ragionare qualche lettore che si riconosce in quanto sto per raccontare.

C’è bisogno di fare un preambolo per inquadrare la situazione.
Ho 39 anni e sono in terapia da circa un anno e mezzo e, nonostante l’impegno e la volontà di cambiare la mia vita, mi rendo conto che la soluzione è ancora ben lungi dall’essere trovata.
Ho deciso di andare in terapia perché ad un certo punto era l’unica áncora di salvezza. Meditavo seriamente il suicidio perché sentivo di essere “sbagliato”, che tutta la mia vita era sbagliata. Mi sentivo e mi sento ancora sbagliato, a volte, perché l’immagine che avevo, ed ho, di me e che mostravo all’esterno non corrispondeva al vero. O, quantomeno, scoprivo un diverso me stesso quando mi trovavo a stringere delle relazioni con donne.

Vengo da una famiglia dove gli influssi genitoriali hanno influenzato lo sviluppo della mia vita affettiva. Padre nevrotico ed iracondo che spesso mi ha picchiato, incapace di darmi affetto e comprensione. Sempre pronto a screditarmi e a sminuirmi, ho passato una vita cercando una sua approvazione che fondamentalmente non avrò mai. Incapace inoltre di amare mia madre, non facendomi quindi superare un attaccamento affettivo nei suoi confronti.

Mia madre era la mia unica presenza amica. Ma è stata ed è una madre frustrata e depressa per la situazione in casa, che mai si è opposta alle angherie di mio padre nei miei e nei suoi confronti, considerandomi come una sorta di spalla su cui riversare tutte le sue frustrazioni. Sono sincero, non avevo mai preso in considerazione il fatto che anche mia madre possa aver giocato una influenza negativa sul mio sviluppo psichico. Infatti ho capito come una madre così, depressa, frustrata e piena di sensi di vittimismo, possa far sentire il figlio, che non ha superato il complesso di Edipo, incapace di soddisfarla e di farla sentire felice nonostante a lei voglia molto bene.

Così sto cominciando a capire il perché del mio “senso di colpa”, dovuto non solo alla mia presunta incapacità di soddisfare le insoddisfacibili aspettative di mio padre, ma dovuto anche alla inconscia incapacità di rendere felice mia madre nonostante la amassi e la ami ancora. Sono cresciuto quindi nella paura, nella convinzione di essere sbagliato, di non essere “mai in grado”, sminuendomi continuamente nella vita. Nella vita scolastica, lavorativa e nelle amicizie. Ovviamente questa condizione mi ha portato a vivere dando all’esterno una visione di me di figlio e persona modello, socialmente ineccepibile ma che covava dentro di sé una sorta di ribellione ed avversione a questa situazione. Avevo, ed ho ancora, una nevrosi, un contrasto interiore che mi ha portato, per un lungo periodo di tempo, a ricorrere all’uso di droghe e a consumare in maniera compulsiva rapporti sessuali con prostitute.

Le prostitute hanno rappresentato per lungo tempo per me l’unico modo di approcciarmi al sesso opposto. La prostituta non mi faceva salire un’ansia generalizzata verso le donne e verso una ipotetica relazione che potessi instaurare con loro. Infatti non sentivo la necessità e l’obbligo di dover rispondere alle aspettative di una sconosciuta. La prostituta “non ti giudica”, con una prostituta non ti senti incapace di soddisfare le aspettative di una persona con la quale hai una relazione. Non hai sensi di colpa per tale incapacità. Magari il senso di colpa poteva salire perché compivo un atto socialmente non accettabile, ma non era un senso di colpa come prima descritto.

Dal punto di vista affettivo, questa condizione mi ha portato ad innamorarmi di donne insoddisfacibili, di donne cattive che mi hanno usato solo per soddisfare il loro ego. Questo perché una relazione con loro mi ha portato a riprodurre quelle relazioni familiari che tanto hanno influito negativamente sul mio sviluppo psichico.
Ed ovviamente quando ho incontrato donne che mi hanno amato veramente, in maniera incondizionata, ho fatto di tutto per allontanarle.

Avevo incontrato la donna giusta. Molto più piccola di me ma in grado di amarmi come nessun’altra aveva fatto. Molto più matura di me dal punto di vista affettivo. Nonostante mi abbia dato e continui a darmi, nonostante la nostra relazione sia finita, un amore incondizionato, io non ho saputo coglierlo. Non ho saputo capirlo. Non ho saputo capire cosa voglia dire amare una persona. Io ho riversato nel nostro rapporto quelle ansie nei confronti delle donne di cui ho sopra parlato. Lei mi è stata accanto, ha cercato di capirmi e di consigliarmi. Ma io non l’ho fatta mai sentire amata veramente. Avevo intuito che lei potesse essere la persona giusta, ma non mi fidavo pienamente di lei.

Avevo paura di lei, avevo paura del suo giudizio, pensavo di non essere capace di soddisfarla. Per questo in alcuni casi ho indossato una maschera, non ho voluto rivelare a lei il mio vero io. Invece lei mi amava incondizionatamente, nonostante tutti i miei difetti. Ed il fatto che mi amava così mi faceva uno strano effetto. Era una cosa totalmente nuova, mai provata prima. Era una sensazione bella e mai provata essere amati così, ma allo stesso tempo la cosa mi spaventava. Non mi sentivo in grado di ripagare tutto questo amore. Quando invece lei non mi ha mai chiesto niente.

Solo di essere me stesso.

Forse è stato questo quello che mi ha spaventato, perché ho sempre provato disgusto per me stesso. Ovviamente questo stato di ansia si è fatto insostenibile. Mostravo continui segni di insofferenza e ad un certo punto ho deciso di interrompere la nostra relazione, L’ho fatto in maniera violenta. Intendiamoci, non l’ho picchiata o insultata. Ma dirle alle 6 del mattino di un giovedì di Novembre che tra di noi era finita, che io non la amavo e che avevo amato altre molto più di lei è stato un colpo dal quale non si è riuscita più a riprendere.

Dopo un periodo di riflessione su quanto accaduto, ho cercato faticosamente di porre rimedio alla situazione. E qui lei mi ha mostrato nuovamente il suo grande amore tornando con me. Ma la sua giustificata paura ha avuto il sopravvento e mi ha lasciato. Non si fida più dopo aver fatto l’errore di essersi aperta ad un uomo che non l’ha fatta sentire amata. E nonostante questo continua ad amarmi. Continua a preoccuparsi per me. Nonostante tutto vuole che io non soffra per la nostra separazione.
Soltanto adesso ho capito di amarla veramente anche io e per questo ho deciso di non cercarla più, di non implorarla più di tornare con me. Di non dirle più che l’aspetterò in eterno. Spero solo che lei capisca veramente che non ho fatto tutto questo per farla soffrire e che possa stare meglio quanto prima.

Ho raccontato questa storia per far capire agli uomini che vorranno leggerla che amare una donna vuol dire preoccuparsi per lei, non approfittarsi, anche inconsapevolmente, delle sue debolezze. Amare una donna non vuol dire soltanto non picchiarla o non tradirla, vuol dire anche e soprattutto lasciarla andare via.
Io adesso ho un quadro leggermente più chiaro di quanto accaduto e mi porto una grande ferita nel cuore. Penso che riuscirò ad essere un uomo migliore soltanto quando saprò finalmente dare risposta ad una domanda apparentemente facile, ma in verità molto difficile. Forse la più difficile di tutte: chi sono veramente? Dopo un anno e mezzo di terapia ancora non sono capace di rispondere. Il dissidio interiore per cercare di capire e dare risposta a questa domanda mi ha provocato tanto dolore. E l’ho trasferito anche agli altri. Ogni volta che penso di essere sulla strada giusta e che non mi manchi poi così tanto per dare una risposta a questa domanda, si verificano situazioni che mi fanno riflettere e rendere conto che ancora non so chi sono veramente.

Ho rielaborato tutto il mio vissuto e l’ho accettato. Ho capito che pure i miei genitori non si sono comportati come si sono comportati con me con l’intento di crearmi dei problemi nella vita. Ho imparato ad accettarmi, a non sminuirmi più come facevo prima. A volermi bene. Ma nonostante tutto ancora non so veramente chi sono. Spero di scoprirlo presto. E senza ulteriore dolore.

Cordiali saluti,
Francesco