Di Troppo Amore book tour

Storia di un libro, di incontri e quel che rimane

Sono state più di trenta presentazioni.

Mi sembra passata una vita da quando la mia agente mi chiamò per dirmi che Sperling & Kupfer era interessato a pubblicare il mio libro. 

Erano anni che mi dicevano, che mi dicevo, scrivi. Più di vent’anni che studio le relazioni e la dipendenza affettiva. Ho raccolto una quantità enorme di studi, materiale, testimonianze. 

Ebbene, Di Troppo Amore è uscito in preorder online alla fine di aprile e nelle librerie in 10 maggio. È andato sold out in un giorno, ed è stata fatta la prima ristampa in 24 ore. Il casino è stato che i libri non c’erano mai all’inizio. Li stampavano e finivano. E così a lungo.

Per farla breve siamo alla sesta ristampa. 

Ad essere sinceri, mi sono affacciata al mondo dell’editoria in punta di piedi, ho una community numerosa, affettuosa e attiva, ma fuori di lì? I librai ci sono andati piano con un’autrice sconosciuta, molti hanno sottovalutato il tema. Chi è questa? In pratica il libro in libreria latitava, non si trovava, finiva. 

Questo perché che sono ‘brava’ io? No, segno che l’argomento scotta, interessa, è necessario.

Alle presentazioni arrivavano persone e le sedie non bastavano mai, così come le copie del libro, a ruba in pochi minuti. Lo stupore degli addetti ai lavori ha accompagnato ogni presentazione. Nessuno degli organizzatori si aspettava mai la risposta del pubblico. E ancora: non c’erano le sedie, terminavano le copie del libro. Fino alla fine, le persone hanno fatto chilometri per venire ad ascoltare. E io pensavo sempre: ormai abbiamo detto, incontrato, il flusso finirà, si ridurrà. E invece no. Alla fine, io che non sapevo nulla di come si presentano i libri, credo di aver incontrato circa cinquemila persone.

Partiamo dalla prima presentazione però, perché quella non me la scorderò.

La mia amica Morena, assessora e vice sindaca di Fiorano mi ha detto: vieni al Maggio Fioranese a fare la tua prima nazionale?

Chi, io?

Mi sembrava già il titolo esagerato. Ti offriamo il teatro con 400 posti. Ancora più esagerato.

Non dimenticherò mai il teatro strapieno di persone che sono arrivate da ogni città dei dintorni. E la bancarella del venditore dei libri vuota in pochi minuti.

Poi c’è stato Milano: ero sola, per un cambio di programma. Nella libreria della Galleria Vittorio Emanuele. Io e il pubblico. Qualcuno in piedi, altri seduti in terra. C’era l’editore, anche. Incredulo. Che mi diceva sei terza in classifica nazionale, ma secondo me non ti rendi conto, vero? Infatti. 

Io stupita, ma felice, felicissima.

In classifica il libro è rimasto per diverse settimane, che mica era scontato mantenere le lunghe distanze. Il ritornello d’ora in poi sarà scritto negli occhi degli organizzatori con stampata in faccia la domanda: ma lei chi è? Perché chi non conosce il dolore di chi soffre per una dipendenza affettiva manco sa cosa sia e perché interessa così tanto, no?

Casina poi, a un passo da casa, era piena di persone, risate, allegria. Con Ilaria e il ‘mio’ supervisore, il dottor Gentili. E lì era quando mi ballava il cuore di contentezza.

Mantova con Valentina, un caldo abbraccio commosso in una domenica mattina in libreria.

Modena, nel bar di un cinema multisala. Lì tra pop corn e video giochi, ho pianto come una fontana perché la mia amica Elisabetta mi ha chiesto del pezzo del taxi, in cui io sono andata in Brasile a riprendermi mia madre. 

Reggio Emilia, con Valeria a cui avevo detto, dopo il suo secondo trapianto di polmoni, ‘guarisci, ti aspetto fuori’. E Gaëlle faceva le foto e come filtro metteva amore, dopo mi ha portato a cena al castello di un principe gentile. 

A luglio faceva un caldo che mi ha accompagnata fino a ottobre.

Alla libreria di Como sono andata con tanta gioia: è stato il primo invito ‘serio’ ricevuto, una delle libraie mi seguiva mi ha scritto ancora prima che uscisse il libro. La piazzetta era piena e la chiesa di fianco che ascoltava.

A Bergamo Francesca mi ha fatto domande talmente belle che me le sarei scritte.

Sull’incontro a Carpineti in piazza non avrei scommesso. E invece, poi, ho pianto anche lì, ma speravo che le lacrime si confondessero col sudore. 

Di Andora ricordo la felicità di Cristina, e il garbo di Christine.

Courmayeur e Katia impeccabili, e Simonetta che mi aveva invitata in biblioteca sulla fiducia, da subito. 

A Parma le persone non sapevano dove sedersi, e c’era Doris con me, che se ne inventa sempre una. E sono sempre idee meraviglia.

I primi di settembre siamo partiti in auto: il dr Ferri (marito e autista per l’occasione), io e il solito caldo torrido.

A San Benedetto del Tronto Mimmo si chiedeva che libro fosse per portare tutta quella gente. Eravamo al porto cullati da barche e bellezza. E poi un locale di dischi, vinili e un calice di vino.

Ad Ascoli Piceno c’era una gigantografia della mia faccia in una piazza, e mi ha fatto effetto. Poi mi hanno truccata e pettinata che manco fossi una famosa. Anche lì non ci si stava. E Giovanna che diceva prossima volta il palazzetto. 

Barletta ci ha accolti in una chiesa sconsacrata con le autorità, duecento persone e l’affetto di Alba. 

Ad Alberobello mi sono sentita bella e elegante perfino io. 

Conversano ci ha coccolati e straviziati, e pure Carmela non sapeva dove mettere le persone, anche qui fuori da una chiesa sconsacrata, in piedi per strada. 

Claudia a Firenze aveva capito che era una storia antica tra me e mio papà, e mi ha lasciato in braccio ai miei antenati sul Ponte Vecchio. 

A fine settembre a Bologna sembrava estate e di nuovo Elisabetta è venuta con me, nella Sala Borsa che era un incanto. 

Della libreria di Bassano del Grappa mi porto la bellezza degli affreschi, un applauso che mi ha fatto venire i brividi, e la promessa delle sorelle Manfrotto di rivederci presto. 

A Valdobbiadene Martina e io ci siamo ‘viste’, e gli incontri veri lasciano tracce.

Padova aveva un festival organizzato in maniera eccelsa. E mi sono sentita accudita. 

Laura ha fatto una cosa in Appennino e mi ha detto vieni, raccontaci il tuo libro in un bosco. C’era anche la mia cagnolina. Ed è stato facile. Avevo i miei scarponi della felicità, quelli che uso per fare passeggiate in campagna.

Finalmente mi hanno invitata anche nel teatro del mio Comune, c’era la mia amica Paola che leggeva sul palco e un pianista creativo, con Emanuele e il teatro pieno, che dicono santo di casa ecc. E invece.

 A Roma ero con Matilde, e un’onda di affetto (una vera tifoseria) ci ha investite. Poi c’è stata Frosinone, un comitato di ragazzi giovani con un mazzo di fiori e gli occhi onesti.

Cuneo mi ha chiamata per Scrittori in Città. E lì ho conosciuto scrittori veri, che lusso. E una sciarpa regalata rosso ciliegia fatta a mano: col tempo e col cuore.

A Prato pioveva per la prima volta dopo mesi, ma la sala del consiglio era piena di attenzione e garberia. 

A Novellara sono andata in un giorno pieno di dolore per la popolazione, e stare insieme in quel teatro è stato ancora più importante. 

Infine Venosa, l’ultima tappa. Di nuovo con Matilde, in un posto incantevole, la sua terra lucana: una chiesa Incompiuta, tracce di civiltà antiche, un vino buonissimo e alcune nuvole.  L’incontro con le scolaresche e le voci dei ragazzi, il pensare insieme, tassello importante con cui chiudere questo tour. 

Cosa resta di questi sette mesi? L’impegno mio e di Alessandra che mi ha affiancato nel suo lavoro di organizzatrice eventi per il mio editore. 

Purtroppo non ho potuto accettare tutti gli inviti, saranno stati centinaia: sarà per il prossimo libro.

Quindi cosa resta? La fatica, il sudore vero e proprio, i letti sconosciuti, le valigie trascinate sotto il caldo afoso. I treni presi al volo. I pacchetti dei mille pensieri portati al firma copie, i mazzi di fiori arrivati per miracolo a casa avvolti di carta bagnata e sacchetti di plastica improvvisati. I sorrisi e le storie raccontate occhi negli occhi in un secondo: talvolta pieni di lacrime, altri pieni di vita. I biglietti scritti a mano, i doni, i doni, i doni.

E la parola più ripetuta che ho detto e che mi sono sentita dire: grazie