Le festività restano un’occasione per coltivare le relazioni, la convivialità, incontrarsi e stare insieme, includendo l’era dei social network.
La tecnologia evolve con rapidità e con essa le modalità socio relazionali. Nella società contemporanea convivono forme ibride di convivialità. Da un lato l’era di Facebook, il social network che ora vanta circa 200 milioni di iscritti, ha portato una innovazione nei rapporti umani, dall’altro esistono costumi locali che permangono, come festeggiare in piazza alcune ricorrenze, proponendo tradizioni antiche.
Le celebrazioni religiose, di là del loro significato strettamente legato alla fede cattolica, hanno un’importanza sociale che ne esula le origini. Il ritorno alla piazza ha la funzione di mantenere i contatti tra le persone, creando opportunità di scambiarsi auguri, due chiacchiere, tenersi aggiornati sulla vita di paese. Il localismo sopravvive quindi anche grazie a chi promuove e mantiene in vita le feste tipiche.
Nell’Appennino reggiano vige l’usanza di sfidarsi a Scusìn (in italiano Scoccino), con le uova sode di gallina. Nei bar o nelle piazze di molti paesi della montagna in occasione delle feste pasquali si indicono le gare a chi ha l’uovo più duro, capace di rompere le uova altrui, battendole con una tecnica particolare. Se uno riesce a rompere l’uovo dell’altro se lo porta a casa. E in tempi antichi ci si garantiva così una pietanza tipica primaverile le uova sode con i @C Radic #C. Nelle feste odierne si arrivano a cuocere migliaia di uova, e la vincita è diventata ormai la soddisfazione, ma un tempo le uova erano un bene prezioso, e non sempre era garantito che le galline "facessero".
C’è chi ne ha fatto un'arte e aspetta Pasqua o Pasquetta per gareggiare, riuscendo a vincere anche 15 uova. E c’è pure chi bara, chi trucca l’uovo per renderlo più resistente, chi usa le uova di faraona, più dure una volta bollite. Per verificare la resistenza delle uova, alcuni erano abili nello scoprire eventuali bolle d’aria battendole sui denti. E’ tradizione anche tingere le uova. Un tempo si usavano erbe, ortiche secche, spinaci, zafferano, tarassaco, bucce di cipolla, rape rosse, bulbi di fiori violacei per dare il blu, ora ci sono i coloranti alimentari.
Il significato simbolico delle uova è antichissimo. Esse rappresentano la fertilità, la rinascita, la prosperità, la vita che dopo l’inverno, morte della natura, risorge.
Il ritrovarsi insieme a consumare un pasto più abbondante in famiglia, rende omaggio alla tradizione che vede nella Pasqua un momento di ricchezza in tutti i sensi. Essa celebra la fine della quaresima, simboleggia un rinnovamento, l’impulso vitale verso il nuovo. Le gemme contengono @C in fieri #C ciò che diverrà.
Pertanto ben vengano le occasioni per far festa, per mantenere vive le tradizioni. Se con un click oggi si tengono i contatti virtuali con migliaia di persone, allargando i propri confini territoriali, si mantengano anche le ritualità locali, i contatti con la saggezza antica, i sorrisi dei vecchi vestiti a festa per il paese.
L’uomo moderno può conciliare le opportunità tecnologiche, senza demonizzarle, sfruttando e imparando a godere delle infinite possibilità fornite dai media. E tuttavia può mantenere salde le proprie radici locali, andando alla scoperta di quei sapori antichi, di quelle atmosfere magiche gruppali che si formano nei luoghi comunitari dei paesi. Senza rinnegare nulla, ma anzi includendo ciò che c’era con ciò che ci sarà.
Partecipare alle feste, alle tradizioni, è un atto di cultura, un onorare ciò che è stato, per poterlo tramandare, avendo la consapevolezza che si va avanti solo se si conosce e si fa tesoro di quello che c’è stato prima. Con gratitudine.
(Un'interessante trattazione sulle tradizioni locali: Savino Rabotti, "Il profumo della mia terra", ed. Il Fiorino)
Ameya G. Canovi
Si leggono sempre cose buone belle e sane qui
🙂
Me mi piace vederla in senso animista, la festa dell'equinoziio, della primavera.
Il ciclo, morte vita, primavera estate autunno inverno, oscurità e buio.
Eh, il senso della vitamorte…
Abbracci vigorosi cara
@Emi come ogni cosa ci si può proiettare di tutto, con il tempo si può imparare a apprezzare la semplicità delle piccole cose senza pretesa. Ci si odia dopo? Non so. A me di queste feste salta agl occhi l'impegno e il lavoro del dietro alle quinte, di molti che si danno da fare perché ci credono…
sì anche da me, a Fanano, si gioca a "coccetto" con le uova sode. ciao
io vivo le ricorrenze socio-religiose come test del superamento della mia dipendenza dagli altri, specialmente a livello affettivo. In questi momenti ho la prova tangente della disgregazione del mio nucleo affettivo, e se prima ne soffrivo, adesso sono riuscita a superare anche questi momenti, in cui tutti devono essere felici e uniti per forza. Sento molto la retorica del "tutti insieme appassionatamente", perché dopo la Pasqua e il Natale ci si continua a odiare. Adesso non sento più lo squallore della solitudine, ma credo che questa dimensione di isolamento dagli affetti sia la più vera, quella che non richiede nessun compromesso e che mi dà la sensazione di essere forte, di farcela con da sola e di essere più una dipendente affettiva.
nelle nostre città si è sempre più soli, e queste feste di paese, laddove si svolgono ancora, dano modo di socializzare e rendersi conto delle varie realtà locali.
Bella questa tua riflessione.
@@@grazie!
Sono felice per chi vive le feste in questo modo, ma io non sono molto legata alle tradizioni…anche se mi associo volentieri per stare insieme e condividere…
Ti abbraccio
maria
Tanti auguri amica mia.
sempre interessanti i tuoi articoli 🙂 ! Buona pasqua…laura