In una relazione arriva il momento in cui si inizia a vedere l’altro diverso da come vorremmo che fosse. Così le sue mancanze diventano l’argomento principe della relazione. Comincia un lungo elenco:‘non sei , ‘non fai’, ‘se solo tu fossi… facessi…’. Il dito si punta conto l’altro che diventa il responsabile della propria felicità. Molte sono le tecniche usate per cercare di fare cambiare l’altro: il lamento, il vittimismo, il mendicare, il rimprovero, la colpevolizzazione, la razionalizzazione, fino a giungere a veri trattati comportamentali di come dovrebbe essere il partner perfetto. Uno dei due viene definito sbagliato d’ufficio. Qualunque cosa egli faccia o dica è letto da un calcolatore simbolico e automatico che lo misura, sempre in termini deficitari. Il partner è accusato di non capire, di non vedere, di non sapere, di non soddisfare. Serie infinita di negatività, ogni suo gesto è interpretato ai fini di dimostrare qualcosa che egli non è, o non fa. Una caterva di doveri, un mansionario cui doversi attenere, per soddisfare la felicità dell’altro gli viene presentato in pompa magna. E se le aspettative vengono disattese, catastrofi, tragedie, scenate, accuse, persecuzioni. Come ha osato egli distogliere l’attenzione, fare altro, non accudire, non essere disponibile, affettuoso, premuroso, nei tempi e nei modi pretesi e dovuti? L’anatema si abbatte così sul malcapitato e disattento, che dapprima cerca di giustificarsi, poi si sente indispettito e attua ripicche, soffocato e annientato dalle richieste e dalle accuse, alla fine cera di sopravvivere, per non essere inghiottito. Ben conosce questa sensazione di vortice in cui si sprofonda in una relazione improntata alla dipendenza. Chi pretende diventa persecutorio, un giudice implacabile, con una calcolatrice in mano, pronto a punire le mancanze affettive dell’altro. D’altra parte chi si sente investito da cotante richieste sente che non potrà mai soddisfarle, che diventano infinite, e la voragine affettiva cui è chiamato a colmare è infinita. È consapevole che non potrà mai cambiare e diventare come vuole l’altro. Si percepisce, grazie all’altro, sbagliato, cattivo, insensibile, crudele.
Egli sente di sbagliare sempre e comunque, non sa, non può cambiare, poiché ognuno fa quanto riesce e non sa e non può essere diverso da quello che è, da quello che ha appreso. Non ha altra scelta.
Si allontana.
Ameya G. Canovi
Un'altra cannonata nello stomaco, questo post.
Il tuo è un blog veramente da scoprire, per uno che tempo fa ha dovuto allontanarsi, e che ancora non si dà pace…
@Pensi che lui cambierà visione della vita perché glielo chiedi tu? Non funziona così… le pesone cambiano comportamenti e idee se sono motivate a farlo, non seguendo richieste e istruzioni… sarebbe un infelice se lo facesse per te… Solo se gli viene dal di dentro perché ci crede cambia vita..altrimenti o lo accetti per come vive.. o ti trovi uno col posto fisso…
Ciao e grazie per lo spunto di riflessione…ci credo molto ma…resta un dubbio: se io amo una persona e la accetto per com'è…ci sono però delle cose nel rapporto che per evolversi ed essere improntato sulla reciprocità sono assolutamente necessarie…sto parlando per esperienza personale. Ho una bellissima relazionecon un uomo che a differenza mia vivrebbe di espedienti e lavori saltuari…non pensando che in questo modo è difficile mettere su famiglia che invece vorrebbe con me…come fare per modulare questa diversità-.–ora pare aver capito ma come fare per portarlo a cercare una occupazione stabile senza snaturarlo?? grazie mille…per ogni idea al proposito…sono molto confusa…un abbraccio:::
Essere se stessi, è una lotta continua, che non termina mai! Un saluto vero da Salvatore.
bella domanda ..una volta no ora direi di si
@tu accetti te stesso così come sei?
lo so che non la posso cambiare
il non accettare lei come è mi crea frustrazione
di preciso non so da dove viene sta cosa
poi tendo a fuggire
Auguri Ameya ! A te che sei donna non solo in questo giorno, ma anche in tutti gli altri 364 giorni dell’anno. Un forte abbraccio
Buon 8 marzo, DONNA IMMENSA
credo che chi vuol imporsi sull'altro pretendendolo di cambiarlo non è degno di un relazione.
peppe
Ne sono passati 25 di anni, dai 12 ho iniziato a sentire che qualcosa non andava. Da li ho provato ad auto convincermi che "io sono cosi, punto". Ma dopo un po è diventata un'ossessione. Sono alla ricerca d'accettazione non verso gli altri ma di me stessa, so che arrivando a quella non avrei più problemi con il resto del mondo semplicemente perchè non mi importerebbe. Ecco perchè non posso "accetarmi come sono".
Grazie cmq.
@Now..che ne diresti di accettarti semplicemente ..così come sei?
Vorrei essere diversa da anni ma, non sarò mai come vorrei essere IO (essenziale) e nemmeno come loro vorrebbero che fossi… . In un modo o nell'altro la maschera resta anche se piano piano si sta sgretolando. Quando succederà cosa accadrà? L'inferno? troppo banale… .
linda, non è che non può e non vuole è che non ne ha voglia e poi è sempre più facile vedere il pelo nell'occhio dell'altro che le travi nei nostri.
sai cosa è capitato qualche giorno fa? che l'uomo che amo mi ha detto che mi ammira perchè lavoro con passione e dedizione . la cosa mi ha scioccato perchè invece per me lui è un modello da seguire mentre a me sembra di non fare mai abbastanza. il fatto che a lui sembri che io lavori tanto e con passione ( e ciò dice che lo stimola molto) mi ha fatto capire come la gente mi vede diversa da come io sono.
io di lui non cambierei una virgola.
@Verissimo! si cerca di cambiare nell'altro qualcosa che è nostro e che non vediamo, ma percepiamo come sgradevole, sbagliato, e lo cerchiamo di aggiustare nell'altro, che ci riflette soltanto, come uno specchio..
Che cosa estremamente triste cercare di cambiare le altre persone , non saperle accettare ed amare per quello che in verità sono , soprattutto se si tratta della nostra metà . E questi casi esistono , mia dolce e cara amica e questi casi che tu sollevi sono purtroppo assai frequenti , ma io mi chiedo una cosa , non può essere che ci sia qualcosa che non va , una sorta di insoddisfazione nella persona che vuole il cambiamento nell'altro , perchè in realtà lo vorrebbe su se stesso ma non è capace , non ha la potenzialità per potere cambiare ? Non so , la mia è una domanda che nasce dalla riflessione su ciò che hai scritto .
Ti lascio un abbraccio in una notte assai nevosa !!!
Linda
se il cambiamento dell'altro è consequenziale e spontaneo..allora è evoluzione..se è preteso o obbligato..è schiavitù psicologica..e non reggerà..
Mi sembra chiaro no?
Io aiuto ad evolvere te e tu aiuti ad evolvere me.
Sulla carta e sullo schermo è bellissimo da leggere, peccato che poi i fatti siano un po' diversi.
E' chiaro che non puoi costringere l'altro ad "evolversi" se proprio non vuole, se no dov'è il libero arbitrio? Quando critichi l'altro su ogni cosa perchè non è esattamente come vuoi tu.. beh, non vedo dove sia il venirsi incontro.
Ma mi rendo conto che la coerenza sui blog non sia richiesta, specialmente nel caso che si possa fare (come nel caso sopra) un bel panegirico generico senza dire niente di minimamente personale.
Sai che ti dico, ameyaccia? 🙂
Dipende.
Nel senso che… dipende dal senso che dai alla vita.
Dal senso spirituale, che è il divenire, nello spazio di tempo che c'è tra la nascita e la morte.
Sì, si può pensare di essere molto distaccati, osservatori, e non entrare in relazione con le differenze e con ciò che vorremmo essere, col senso spirituale.
Ciascuno 100% libero di essere come è.
Forse già la relazione non è compatibile con ciò: specie nella vita quotidiana, della convivenza, è cambiare un po' per venire incontro all'altro.
In un discorso di libertà assoluta, anche questo aspetto, minimale, quotidiano, di adattamento, può essere considerato spurio.
D'altra parte, l'estremo opposto, non molto distinto dalla reificazione del partner, che è il volerlo cambiare a tutti i costi.
Non sei esattamente come mi piace a me, cerco di manipolarti, convincerti etc etc, le hai descritte sopra 'ste azioni.
Lo zio aveva detto la cosa giusta: Con te E senza di te.
E' una via di mezzo.
Oppure il paradosso che permette di cambiarsi un po' vicendevolmente quando ci piace, di rimanere autonomi, due uni, quando ciò non piace.
Ma nel momento in cui si è in coppia, già ci siamo cambiati per andare incontro all'altro.
Ma 'sto cambiare è come il bicchiere mezzo vuoto / mezzo pieno.
E' un'ingerenza? una manipolazione?
Oppure è cura di te? ci diamo una mano ad evolvere? tu a me, io a te?
Mi pare che sia saggio cercare di mettere insieme gli opposti, specie quando sembrano inconciliabili.
Eccomi…
sono io… ( e non e' stato neanche necessario scriverle la mia storia )
non poteva scegliere parole migliori…
Posso solo aggiungere che dopo 25 anni (o 15 poco cambia ), il primo passo che si fa in direzione opposta talmente grande e' il desiderio di allontanarsi che si inciampa e si sbatte una nasata tremenda.
Poi capisci che e' tutto piu' difficile.
@credo che si possa solo dire ‘io’ , invece si inizia sempre dicendo ‘tu..’ma anche lamentarsi non serve, serve comunicare, condividere, co-costruire..il resto porta distanza
Tutto molto vero, ma attenzione: il dichiarare al partner i propri motivi di fastidio, disagio, tristezza od arrabbiatura è conditio sine qua non per una relazione duratura, ovviamente laddove non diventi recriminazione ma confronto.
Non si può pensare di portare avanti una vita di coppia (e intendo qualunque coppia, anche fra amici per capirsi) se ciascuno si porta dentro da solo le proprie senzazioni. Se in qualche momento uno dei due ha qualche peso sullo stomaco, è giusto e salutare che lo esprima, ed è altrettanto giusto che l’altro lo recepisca per quello che è: espressione e desiderio di andare avanti sciogliendo i nodi che via via si possono formare.
Detto questo, sono dell’idea che nessuno possa cambiare il suo prossimo, che contemporaneamente il prossimo possa cambiare di sua spontanea volontà se ha la voglia ed il desiderio di farlo. A volte il confronto sereno serve anche a questo.
il dipendente affettivo vuole SEMPRE cambiare l’altro, aggiustarlo, con illusione che POi sarà finalmente felice..
ho vissuto questa situazione per anni, con mio padre e con mia madre. ma comprendendo questo penso che se si comincia a ragionare in questa maniera convenga lasciare perdere e chiudere.
cioè se uno cominciasse a farmi ste menate o se anche io cominciassi a pensare che l’uomo che penso di amare debba essere diverso penso che mi verrebbe lapalissiano constatare che la cosa non va e deve essere chiusa.
non lo so, ho a che fare con l’uomo che amo che è ossessionato dal fatto che io possa mal tollerare che lavora tanto. e questo perchè? perchè la sua ex futura moglie un bel giorno, finito il corso prematrimoniale, ha deciso che non andava bene (dopo 6, dico sei, anni eh) che lui lavorasse così tanto.
ora lui nonostante io gliel’abbia ripetuto più volte…mi tratta come se a me desse fastidio il fatto che lui lavora così tanto. invece a me la cosa non disturba affatto, lo considero un modello, vorrei essere come lui, avere la sua stessa resistenza, più che altro.
Io penso che se ami davvero una persona, e se la ami deve essere così, la ami per quella che è, altrimenti semplicemente la stai usando per colmare dei vuoti affettivi.
perchè infondo la dipendenza affettiva è proprio questo. e lo denota il fatto che dici di amare una persona ma la vuoi diversa, e di solito continui a ricaderci, non cambia il fatto che sia tizio o caio o sempronio.
è il fatto che rivesti una persona di un ruolo e una serie di aspettative che quella persona manco volendolo potrebbe soddisfare. quindi di fatto la stai usando perchè incapace di assumerti l’onere di amare te stesso e colmare quei vuoti da te, l’unica persona del resto che può farlo sei tu.
e non esistono scuse.
recentemente ho scritto una lettera sfogo a mio padre. ed ho capito che per quanto lui abbia delle responsabilità verso molte mie paure, traumi, credenze distorte e patologiche ma soprattutto disfunzionali rispetto al mio benessere, sono io ora che devo assumermi l’onere di risolverle. quello che lui non ha mai fatto facendolo pagare a me.
possiamo trovare tutte le motivazioni che vogliamo alla dipendenza affettiva, resta il fatto che le motivazioni però non sono scuse per non assumersi l’onere, giusto o sbagliato che sia, vittime o meno che ci sentiamo, di risolvere questi problemi in prima persona senza caricare il prossimo di questo peso. che è solo nostro. ne possiamo parlare con la persona amata, ma essa non può darci in alcun modo le conferme di cui abbiamo bisogno e che solo noi possiamo imparare a darci.