Da Wikipedia:
“Il 21 dicembre 2012 è la data del calendario gregoriano nella quale secondo alcune credenze e profezie si dovrebbe verificare un evento, di natura imprecisata e di proporzioni planetarie, capace di produrre una significativa discontinuità storica con il passato: una qualche radicale trasformazione dell’umanità in senso spirituale oppure la fine del mondo. L’evento atteso viene collegato temporalmente alla fine di uno dei cicli (b’ak’tun) del calendario maya.
Nessuna di queste credenze ha alcun fondamento scientifico e sono state più volte smentite dalla comunità geofisica e astronomica.Anche la maggioranza degli studiosi della storia dei Maya confuta queste affermazioni.”
Tanto se ne è parlato. Sarà vero, non sarà vero? Per quanto razionali, resta dentro ognuno di noi una forma di pensiero magico. Chi non si è mai sorpreso a pensare: “Se ora vedrò una macchina blu, realizzerò il mio sogno.”? Freud parla di una forma di credenza arcaica che risponde al bisogno di sentirsi onnipotenti. Hybris, il concetto nel mondo greco che descrive la sfida, la tracotanza dell’uomo nei confronti degli dei rende bene questa pulsione ingenua: essere più forti di Dio. Prevedere, controllare la vita.
I popoli cosiddetti primitivi avevano indovini, sciamani, stregoni, sacerdoti che facevano da tramite tra gli dei e gli uomini, proponendosi come interpreti di un volere divino, chiaroveggenti, risolutori di problemi, conflitti e portatori di consigli e previsioni. Non molto diverso da quello che oggi cercano di fare più laicamente gli psicologi.
Da qualche parte nella storia dell’umanità qualcuno dei Maya ha postulato che domani, il 21 12 2012, il mondo finirà.
Sulla profezia si sono spese pagine e pagine, aneddoti, calcoli. C’è chi ci crede, perché credere fa sentire sicuri. Chi è scettico, argomenta, deride, snobba. Decine di vignette su Facebook ironizzano sul fuso orario in cui inizierà la fine, partendo da Est, oggi là è già domani.
Eppure se ne parla. La superstizione è un retaggio del bisogno di magia insito nell’uomo.
Invece che guardare con un cannocchiale questa storia dei Maya, prendiamo un microscopio e chiediamoci due cose.
Se domani fosse l’ultimo giorno cosa fare? Calcolatrice alla mano: aggiungereste più “qualcosa” alla vostra vita? O togliereste in termine di fatica, lavoro? Fareste cose che normalmente non fate? Aumentereste il piacere e lascereste da parte il dovere?
Ho provato, nel mio piccolo e un po’ per scherzo, a pensarci.
Non farei nulla di speciale. Continuerei a sorridere ai miei studenti, spronando con forza alcuni a rispettare loro stessi per primi e poi gli altri. Non andrei a salutare nessuno perché porto dentro di me ogni persona che amo. Non mangerei nulla di speciale perché lo faccio ogni giorno, seguendo quello che c’è.
Pensandoci bene, e tutto sommato, non farei nulla che in fondo non faccio già.
Questo 21 12 12 non potrebbe dunque essere un test per capire che vita stiamo facendo? Una specie di risonanza magnetica degli affetti, del dare e dell’avere?
Se domani ci viene la frenesia di fare qualcosa, ricordiamocelo dopodomani.
La fine del mondo è iniziata di fatto praticamente con l’avvento del petrolitico in cui l’abbondanza di energia disponiibile ha permesso l’esplosione esponenziale del numero di Homo e la via via progressiva distruzione della biosfera.
La stupidità di homo supera continuamente nuovi limiti.
Il tecnoteismo è la riformulazione modernista dell’hybris.
Stasera me ne andrò a festeggiare il tempo delle ore oscure in una milonga, poi tornerò ai miei amati colli e nel mio principio di selvatico a sfuggire a questa indicibile orrenda prenatalizzazione di tutto.