RISPETTARE I CONFINI

confini

Chi soffre di dipendenza affettiva ha difficoltà a far rispettare i propri confini, e a riconoscere i confini dell’altro. Il dipendente affettivo vuole. Non è mai sazio di attenzioni e conferme dall’altro. E per averle è disposto a lasciare invadere i propri spazi, di cui spesso non è nemmeno consapevole. D’altra parte essendo egli fortemente bisognoso, antepone le proprie esigenze, che vive come urgenti, e si dimentica di osservare il bisogno altrui. In apparenza il dipendente affettivo è disponibile, sembra ‘amare’ a dismisura, si sacrifica e si immola sull’altare dell’altro. In realtà lo fa per se stesso, per avere amore in cambio. La distorsione relazionale è avvenuta nella fase dello sviluppo affettivo.

Le figure genitoriali, a loro volta, probabilmente avevano una modalità fagocitante e/o trascurante. Le famiglie dei dipendenti affettivi sembrano spesso essere invischianti, le madri tendono a soffocare i figli. I padri assenti, evitanti, distanti emotivamente. Entrambi i genitori però non hanno una modalità affettiva rassicurante e rispettosa del bambino che si vede così o inghiottito o si sente invisibile e per farsi vedere sviluppa una personalità estremamente bisognosa e pretenziosa. In entrambi casi egli recepisce il messaggio di non essere autenticamente visto e considerato.  Le madri, magari in nome di un amore sviscerato e quasi morboso, non rispettano gli spazi esistenziali dei figli, sovrapponendosi ai loro bisogni, non riconoscendoli. Chi ha una dipendenza affettiva tende a manipolare l’altro. Lo vuole forgiare secondo i propri bisogni, e facendo questo non lo vede, né lo rispetta. È un tentativo riparatore, quasi disperato, di aggiustare uno schema affettivo deficitario. E, d’altra parte, si ripropone inconsciamente il modello appreso in famiglia. Nella relazione quindi non ci sarà l’equilibrio IO-TU, ma esso verrà compromessa da quanto vissuto nelle relazioni primarie. Essendo mancata la consapevolezza di chi si è, l’apprendimento a soddisfare autonomamente i propri bisogni, in questo tipo di relazione c’è un continuo spostare l’attenzione sull’altro, in termini di cosa fa o non fa, cosa dà o quanto soddisfa. Si ha spesso in mano una calcolatrice affettiva, si chiede all’altro attenzione, almeno uno ‘zuccherino’, si diventa mendicanti o esattori delle tasse, perdendo di vista l’altro e le sue difficoltà affettive che a sua volta sicuramente ha. C’è una continua richiesta e pretesa di risarcimento di un amore vero e rispettoso mai ricevuto e mai imparato. E di conseguenza si invade l’altro e ci si lascia invadere, persi totalmente nel dare soffocante per avere in cambio amore e considerazione, o nel bisogno e nella convinzione che sia l’altro a doversi fare carico della propria esigenza. Entrambi gli imprigionati in questa danza relazionale saranno infelici e accuseranno l’altro di non capire. Tutti e due si sentiranno insoddisfatti, l’uno sentendosi di dare troppo e non venire riconosciuto, l’altro sentendosi prosciugare da richieste e colpevolizzazioni di non dare abbastanza. Ognuno può solo sanare se stesso, attraverso la presa di coscienza che nessuno può salvare, sostituirsi, riempire un altro. Ma solo l’amore proprio che nasce dal profondo può portare a una condivisione vera di sé, dove c’è un rispetto vero di se stessi e dell’altro come essere totale e perfetto così com’è, senza volere aggiustarlo e modificarlo secondo le personali esigenze egoiche, e senza dover invadere o lasciare invadere i propri confini.

Ameya G. Canovi

46 commenti su “RISPETTARE I CONFINI”

  1. Ancora un post molto interessante. Mi fai riflettere molto, mi chiarisci situazioni e comportamenti. E mi fai ammettere con me stessa di soffrire (fortunatamente in forma più contenuta, ora) di dipendenza affettiva. Da te è come guardarsi nello specchio… Grazie.

  2. Sarei una tendenziale dipendente affettiva ( sapessi quanto!) però son sempre riuscita a “impormi” ad accettare le carenze degli altri . Il mio non vuol essere vittimismo, purtroppo non mi aspetto niente da nessuno perchè so a priori che rimarrò delusa. Amo e mi basta..il resto non conta . Sono perfettamente d’accordo con la tua conclusione. Un bacio

  3. già.. e spesso non è facile rendersi conto di dove si è, cosa si sta facendo veramente e soprattutto se si sta danneggiando se stessi e l’altro, il rapporto in se, agendo e comportandosi in un certo modo, perchè d’altra parte, è anche l’unico che conosci…. si spera sempre nella ragione ..

    Un bacio :-*

  4. @Respiri..l’equilbrio è una dimensione dinamica, con continui aggiustamenti e evoluzioni. E’ una conquista continua, non un punto di arrivo definitivo…

  5. Hai toccato un argomento molto interessante ma anche delicato….per quello che mi riguarda direi che ci sono passata pure io, nei primi 10 anni di matrimonio, la dipendenza era totale. Però non mi rendevo conto che questo dipendesse anche dalla mia famiglia. Ora ho acquisito l’effetto contrario, riesco a non dipendere più dagli affetti altrui, ma ciò mi ha portato ad essere più fredda. Certo è che di vie di mezzo, nei comportamenti umani, ce ne sono sempre poche come mai?

  6. E’ solo un fiore
    ma te lo dono con amore

    Amore per l’amore
    senza nessuna pretesa

    Non si sente l’odore
    ma ha un dono raro
    non sfiorisce col tempo
    come le passioni umane 

    E’ lo speccho senza vetro
    di un anima arresa
    un bacio come fiore
    per farsi ricordare.


    Buona vita

    Tony 
     

  7. E’ solo un fiore
    ma te lo dono con amore

    Amore per l’amore
    senza nessuna pretesa

    Non si sente l’odore
    ma ha un dono raro
    non sfiorisce col tempo
    come le passioni umane 

    E’ lo speccho senza vetro
    di un anima arresa
    un bacio come fiore
    per farsi ricordare.


    Buona vita

    Tony 
     

  8. Le prime parole del tuo post la raccontano già bene,già fin dall’inizio.Ho letto velocemente per motivi di tempo,i picchetti dovrebbero segnare le distanze che solitamente per vari motivi spesso vengono a mancare. Bello e interessante ciò che scrivi,tornerò a leggerti con più calma.
    Ciao e buona serata
    Max

  9. Amore , Psiche ? No troppo difficile parlarne … Io riesco al massimo a mettere in lettere cio che provo in un attimo di eterno , quando tu non sei cosciente ma quell’attimo è gia il tuo passato che guarda al futuro.

    Ma che ho detto ?
    Non lo so.. prova ad analizzarmi se ci riesci !!

    Un saluto era doveroso

    Marte

  10. @Zamm non è PRETENDENDO che non ti gonfino di legnate che gli uomini che si comportano così non lo faranno, il nocciolo è…come mai ti metti insieme a uomini che ‘gonfiano’ di legnate, che non esprimono amore ecc. C’è un radar per i didpendenti affettivi che si accende in presenza di un anaffettivo, e lo fa diventare speciale, unico e solo, da catturare..e poi da modificare perché appunto..non si dà.

  11. Forse non ho capito io allora.

    Se io per esempio desidero un uomo che non mi gonfia di legnate, è una ingiusta pretesa?

    Se io mi riconosco delle necessità, non è giusto che cerchi chi le può soddisfare, invece di prendere quel che viene?

  12. Pensavo che tutti noi, qualche volta, siamo scivolati in questo tipo di dipendenza affettiva. O abbiamo subito la dipendenza di qualcun altro. E’ anche bello poterlo riconoscere.

  13. @Zamm magari la persona non PUO’ dire parole perché ha problemi suoi..magari è anaffettivo, ferito, ecc. Pretendere e colpevolizzarlo non lo farà dire parole d’amore…nazi lo farà chiudere semore più…se hai bisogno di uomini che esprimono parole d’amore scegliti quelli..ma chiedere a un melo di diventare un ciliegio è cosa frustrante per entrambi…

  14. Ciao Ameya cara. 🙂

    Scrivevo di limiti giust’appunto ieri… senti, ma secondo te, non voler accettare che l’altra persona non pronunci MAI parole d’amore, è una pretesa da ammalato o è cosa sana?

    Perché i miei limiti sto iniziando a rivederli un po’ ora, in quanto mi sono stufata di infilarmi in situazioni incompatibili con la salute psichica…

  15. ho trovato il sito di REIKi.
    sto leggendo, vedremo…molte cose le sto affrontando-mettendo in pratica da almeno 3 anni, via via che metto a fuoco i miei lati oscuri e/O fondamentali…

  16. Se avessi letto questo post tempo fa!! 🙂 ma non era scritto…
    mai troppo tardi per imparare a conoscersi.
    Mi domando spesso, come si fa quando abbiamo capito qualcosa di noi stessi ti tanto importante? nel senso come si risolve il problema?
    c’è una grande sensazione di forza e di libertà quando si apprendono conoscenze e si accettano, ma poi?
    per cambiare davvero ci vuole un tempo che non abbiamo, dato che non si può vivere due volte..basta il controllo e la consapevolezza per correggersi?
    PS io sono dipendente affettivamente..
    GRAZIE, ancora una volta vagare per blog mi ha fatto bene! 🙂

  17. quello che trovo di importante, in senso lato, nel tuo scrivere è la capacità di rendere semplice, si fa per dire, il complesso e l’articolato.. ma noi umani siamo anche quetso..

  18. Interessante l’immagine della famiglia (che riconosco). Io sono guarita dalla dipendenza affettiva, ma è occorso un sacco di tempo e una montagna di errori 🙂

  19. Molto interessante.
    Mi concedo – però – alcune osservazioni. Il riconoscimento o meno dei confini propri o altrui non riguarda esclusivamente chi soffre di dipendenza affettiva e – purtroppo – nemmeno l’egoismo. E siamo in molti a dare per avere/ricevere. Non sono solo i padri assenti o le madri assillanti a renderci invisibili, a manipolarci e la nostra vita non viene compromessa esclusivamente da un modello pedagogico sbagliato. Trascuriamo l’altro e veniamo trascurati ma tutti pretendiamo. Pretendere significa appunto mettere innanzi/davanti, voler avere ragione/diritto di ottenere qualcosa. Molti di noi sono esigenti, pochi davvero altruisti. Forse è questa la malattia più grave del nostro tempo su cui dover riflettere. L’amore non deve implorare e nemmeno pretendere, l’amore deve avere la forza di diventare certezza dentro di sé.

  20. @sangervasio di solito mi chiedono l’amicizia e io volentieri accolgo tutti :-), avevo insierito la moderazione da quando hanno iniziato a scrivere insulti

  21. @Interessante prospettiva Naima…chissà perché così a intuito mi suonano degli allarmi, confini come trappole? Non so se stare in ansia peri margini non rispettati sia indice di rispetto dei confini..ogni rigidità fa pensare…non credi?

  22. è molto in funzione di come uno è fatto ed il dato di fatto l’hai scritto tu RISPETTO PROFONDO. Purtroppo c’e’ anche egoismo.
    bel post
    PS Ame sei amica de tutti e a me non mi hai filato nemmeno. 🙂

  23. MI sono resa conto di avere una specie di mania per i confini. Mi piacciono delimitano le cose, le definiscono non ti confondono. Contengono, restringono. Li amo per tante ragioni.

    Mi disturba molto chi non li rispetta. Odio le invasioni e chi li calpesta. Apprezzo invece chi ti aiuta non ad eliminarli ma a spostarli più avanti.

    Mi disturba talmente tanto che per assurdo mi disturbano anche i bambini piccoli quando colorano fuori dalle righe. Lo so che è stupido ed irrazionale ma sono sempre lì che vorrei costringerli a colorare dentro, obbligandoli se servisse. E continuo ogni dannatissima volta che vedo quei piccoli mostri colorare perché non riescono a fare una cosa così semplice.
    Ragionando su questo attaccamento morboso ai confini ho compreso che deriva dal fatto che paradossalmente i confini le regole, i limiti mi rendono libera.
    Delimitano lo spazio che posso usare dandomi esattamente la percezione di quello che posso rivendicare come mio e lì dentro posso muovermi liberamente. MI costruiscono intorno una gabbia dove mi sento sicura. E molte volte anche troppe li ho usati per avere una giustificazione alle mie azioni non giustificabili e qui parlo dei limiti e dei confini dati dai ruoli. Al papà sono giustificati degli attggiamenti, alla mamma degli altri e quando ero figlia era giustificata la ribellione dell’adolescenza. Ecco forse ho imparato troppo bene ad usarli per il mio comodo per questo li amo e mi sono funzionali.

  24. il commento che volevo lasciare era questo
    me lo puoi mettere tu?

    sono esterefatta dall’impotenza dell’insegnante e dalla mancanza di autocontenimento della ragazza. Fallimento educativo di tutti, un inno alla disfatta di questa società che non sa dare confini, non sa tramettere il senso di sé e dell’altro da rispettare, da un lato l’impotenza dell’adulto di farsi sponda contenitiva, dall’altro la totale mancanza di capacità della ragazza, di rispettare il contesto, di scegliere un comportamento equilibrato e adattivo alla situazione. Provo una pena immensa, per i genitori.

  25. Mmh, pagina molto interessante, Ameya.

    > Le famiglie dei dipendenti affettivi sembrano spesso essere invischianti,
    > le madri tendono a soffocare i figli.
    > I padri assenti, evitanti, distanti emotivamente.

    Stavo pensando: zio galera, come i miei.
    Ma…

    Ma, parlando con molte persone mie coetanee so che questo antischema famigliare (la madre devota ai figli, vive per i figli) e il padre assente emotivamente, tutto lavoro (molto spesso assenza di coccole, di contatto umano con i figli, un abbraccio, giocarci assieme, qualche coccola… niente, noi siamo padri uomini maschi padroni tutti di un pezzo, queste cose da finocchi non son per noi…) erano molto frequenti
    (anche il babbo di AWKid, che ha 10 anni più di A-Woman, tende ad essere assente, ha maggiormente un impianto “vecchio stampo” come padre, A-Woman tende a compensare il suo distacco con maggiori attenzioni per il figlio, ci si avvicina allo schema descritto).
    Noi papà di oggi dobbiamo abbondare col gioco, con i baci, con la lotta gioco, i salti, le carezze, i piccoli massaggi, il preparare il buon cibo e servirlo buono ai nostri bipedi, tutto ciò che è contatto fisico e movimento e che era così spesso assente dai nostri padri.

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